L'ESTREMA UNZIONE
1 II pensiero dei novissimi
264 Gli oracoli biblici
ammoniscono: "Tieni presenti in tutte le tue operazioni gli estremi eventi
tuoi e non peccherai in eterno" (Sir 7,40). Con ciò i parroci sono
implicitamente esortati a non tralasciare occasione per inculcare al popolo
fedele l'assidua meditazione sulla morte. E poiché il sacramento dell'Estrema
Unzione è necessariamente associato all'immagine del giorno supremo, si
comprende come se ne debba trattare spesso, non solo per la costante
opportunità di enucleare le verità misteriose che riguardano la salvezza, ma
anche perché, meditando la necessità della morte incombente su tutti, i fedeli
riusciranno a comprimere le malsane cupidigie. Così proveranno minore angoscia
nell'aspettativa della morte e scioglieranno incessanti azioni di grazie a Dio
che, dopo averci aperto con il sacramento del Battesimo l'adito alla vera vita,
istituì pure il sacramento dell'Estrema Unzione, affinché uscendo da questo
mondo trovassimo più agevole il sentiero per il cielo.
Per seguire l'ordine adottato
a proposito degli altri sacramenti, si dovrà notare anzitutto che esso è detto
Estrema Unzione per la ragione che è l'ultima a essere amministrata fra tutte
le sacre unzioni che il Signore nostro Salvatore affidò alla sua Chiesa.
Perciò i nostri antenati lo
chiamarono anche sacramento dell' "Unzione degli infermi" (12)
sacramento dei "partenti": termini cotesti che riconducono subito i
fedeli al pensiero degli ultimi istanti.
12 II Concilio Vaticano II ha rilanciato
questa antica denominazione. Ma ciò non toglie che gli altri nomi conservino
anch'essi la loro validità, purché vengano intesi nel loro giusto significato.
L'Estrema Unzione è un sacramento
265 Dovrà poi essere spiegato
come l'Estrema Unzione sia propriamente un sacramento. Ciò risulta da un
semplice esame delle parole con cui l'Apostolo san Giacomo ne promulgò il
precetto: "Si ammala qualcuno di voi? Convochi i preti della Chiesa,
affinché preghino su di lui e lo ungano con l'olio nel nome del Signore; la
preghiera fiduciosa salverà l'infermo e il Signore lo solleverà; se poi avrà
dei peccati, gli saranno rimessi" (Gc 5,14). Affermando che i peccati vengono
così perdonati, l'Apostolo proclama in codesto rito la virtù e la natura
propria di un sacramento. Che questa sia sempre stata la dottrina ecclesiastica
intorno all'Estrema Unzione, è attestato da molti concili, ma sopra tutto dal
Tridentino, che lancia l'anatema contro chiunque osi pensare o insegnare
diversamente. Anche papa Innocenzo I raccomandò caldamente questo sacramento ai
fedeli (Epist., 8, 11).
I parroci insisteranno quindi
nel dire che si tratta di un autentico e unico sacramento; non già di più
sacramenti, per quanto sia amministrato mediante molteplici unzioni, per
ciascuna delle quali sono prescritte speciali preci e una propria forma. È
sacramento unico, non per la continuità di parti inscindibili, ma per la
perfezione del tutto, come si conviene a ogni cosa che sia composta di
molteplici elementi. Come una casa, pur essendo composta di copiosi e vari
materiali, acquista l'unità dalla forma, così questo sacramento, pur risultando
di parecchi gesti e numerose parole, è un segno unico e racchiude la virtù
dell'unica cosa che esso significa.
Inoltre i parroci
indicheranno le parti di questo sacramento, cioè l'elemento e la formula, non
taciute da san Giacomo (5,14). Segnaliamo i profondi significati di
ciascuna.
2 Materia dell'Estrema Unzione
266 L'elemento o materia,
secondo le definizioni dei concili, specialmente del Tridentino, è dato
dall'olio che il vescovo ha consacrato, il liquido, cioè, non ricavato da
qualsiasi materia grassa, ma soltanto dai frutti dell'olivo. In realtà questa
sostanza rappresenta molto bene l'operazione inferiore della virtù
sacramentale. Infatti l'olio giova assai a mitigare i dolori dell'organismo
umano; così la virtù del sacramento attenua l'angoscia penosa dell'anima.
L'olio inoltre rende la salute, conferisce splendore, alimenta la luce e
rinnova mirabilmente le energie del corpo affaticato. Ebbene, tutto questo
rende bene l'immagine di quello che per virtù divina l'amministrazione di
questo sacramento opera nell'ammalato. E basti per quanto riguarda la materia.
3 Forma dell'Estrema Unzione
267 La forma del sacramento è
la frase e la preghiera solenne che il sacerdote pronuncia alle singole
unzioni, dicendo: "In virtù di questa santa unzione ti perdoni Iddio le mancanze
commesse con gli occhi, con le narici, con il tatto". San Giacomo Apostolo
mostra che questa è la forma vera e propria del sacramento, quando dice:
"Preghino sopra di lui; poiché l'orazione fatta con fede salverà
l'infermo" (5,14). Donde emerge che la forma deve essere dettata in modo
di preghiera, per quanto l'Apostolo non ne abbia fissato positivamente i
termini. Questi ci giunsero attraverso la fedele tradizione dei Padri, cosicché
tutte le chiese adottarono la formula usata dalla santa Chiesa romana, madre e
maestra di tutte le altre. Se in alcuni luoghi qualche vocabolo è cambiato e
invece di dire "Ti perdoni il Signore" si usa dire "Ti
rimetta" o" Ti assolva" e talora anche "Guarisca quanto
commettesti", il senso sostanzialmente non cambia e può dirsi benissimo
che tutti rispettano religiosamente la medesima formula.
Nessuno si meravigli del
fatto che, mentre negli altri sacramenti la forma esprime assolutamente quello
che il sacramento compie (come quando è detto "Io ti battezzo";
oppure "Io ti segno con il segno della croce") o suoni
imperativamente come nel sacramento dell'Ordine ("Ricevi la
potestà"), soltanto nell'Estrema Unzione assuma il tono di preghiera. Tale
singolarità è opportunissima. Infatti questo sacramento mira non solo a infondere
nei malati la grazia spirituale, ma anche a ridonare loro la salute. Ma che i
malati così guariscano non accade sempre. Quindi è opportuno che sia concepita
in forma deprecatoria la formula con cui imploriamo da Dio benigno ciò che la
virtù del sacramento non opera infallibilmente.
Anche nell'amministrazione di
questo sacramento sono usati riti speciali. In grandissima parte consistono in
preghiere con le quali il sacerdote invoca la salute del malato; nessun altro
sacramento anzi implica maggior numero di preghiere. E giustamente, perché è
soprattutto quella l'ora in cui i fedeli devono essere soccorsi con pie preci.
Per questo tutti i presenti, con a capo il pastore, rivolgono a Dio fervide
invocazioni, raccomandando alla sua misericordia la vita e la salvezza
dell'infermo.
4 Istituzione dell'Estrema Unzione
268 Dimostrato che l'Estrema
Unzione va collocata propriamente nel novero dei sacramenti, ne segue che la
sua istituzione deve riportarsi a nostro Signore Gesù Cristo; più tardi tale
istituzione è stata riferita e promulgata tra i fedeli dall'Apostolo san
Giacomo.
Il Salvatore in persona, del
resto, sembra avere adombrata un'idea di questa sacra Unzione, quando mandò
innanzi a sé i discepoli, due a due. Di essi infatti dice l'Evangelista che,
andando in giro, inculcavano di far penitenza, scacciavano numerosi demoni e
ungevano con l'olio molti malati e li guarivano (Mc 6,12.13). Dobbiamo credere
che questa Unzione non rappresentasse un'invenzione degli Apostoli, ma un
comando e un'istituzione del Signore, ricca non già di un'efficacia naturale,
ma diretta misticamente a risanare le anime, più che a curare i corpi. Lo
asseriscono san Dionigi, sant'Ambrogio, il Crisostomo, Gregorio Magno; sicché
appare indubitabile l'obbligo di accogliere tale Unzione con sommo rispetto,
come uno dei sette sacramenti della Chiesa.
5 A chi si deve amministrare l'Estrema Unzione
269 Ai fedeli si deve
insegnare che, se tale sacramento conviene a tutti, vi sono però classi di
individui a cui non deve essere amministrato.
Sono esclusi anzitutto i sani
di corpo. L'Apostolo insegna che a essi l'Estrema Unzione non conviene, quando
premette: "Se uno di voi si ammala" (Gc 5,14). La ragione lo dimostra
parimenti, dal momento che essa fu istituita perché fosse medicina non solo per
l'anima, ma anche per il corpo. Ora solamente i malati han bisogno di cura;
anzi è da ritenere che questo sacramento debba essere conferito a coloro che
appaiono cosi gravemente malati, da far temere che incomba per loro l'ultimo
giorno di vita.
Ricordiamo però che cadono in
grave colpa coloro che sogliono ungere i malati solo quando, svanita ogni
speranza di guarigione, cominciano a perdere i sensi e la vita.
Invece è certo che a
conseguire più abbondante la grazia sacramentale, giova moltissimo che al
malato sia applicato l'olio santo quando ancora conserva lucida l'intelligenza,
pronta la ragione, cosciente la fede e pia la volontà. I parroci ricordino
perciò di ricorrere alla medicina celeste nel momento in cui essa, sebbene
sempre di per sé salutifera, potrà riuscire di tanto maggior giovamento, in
quanto sarà accompagnata dalla pietà e devozione dei pazienti. Insomma il
sacramento dell'Unzione non si può impartire a chiunque non sia malato
gravemente, anche se sia esposto a serio pericolo di vita: come chi si accinge
a perigliosa navigazione, chi affronta una battaglia per lui certamente letale,
chi è tratto all'estremo supplizio.
Non possono neppure ricevere
questo sacramento coloro che mancano dell'uso di ragione. Tali i fanciulli, che
non hanno residui di peccati da cancellare definitivamente, i folli e i
furiosi, a meno che non abbiano dei lucidi intervalli e in uno di questi
manifestino animo pio, bramoso della sacra Unzione. Colui che dal dì della
nascita, mai ebbe l'uso della ragione, non può essere unto, ma può esserlo il
malato, che avendo mostrato l'intenzione di ricevere il sacramento quando
ancora era nel pieno uso delle facoltà razionali, sia poi caduto nella pazzia e
nel furore.
Non tutte le parti del corpo
devono essere unte, ma quelle soltanto che la natura diede all'uomo come
strumenti di sensibilità: gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le
narici per cogliere gli odori, la bocca per gustare e parlare, le mani per il
senso del tatto che, sebbene diffuso per tutto il corpo, ha in quella parte il
suo organo più rilevante. La Chiesa universale adotta questo rito di unzione,
perfettamente rispondente alla natura del sacramento, simile a un medicinale. E
come nelle malattie corporee, sebbene tutto il corpo sia colpito dal male, è
curata la parte da cui il morbo scaturisce come da fonte originaria, così
ricevono l'unzione, non tutto il corpo, ma gli organi in cui risiede
eminentemente la facoltà sensitiva, i reni, quale sede della libidine
voluttuosa, e i piedi, organo del movimento.
Non va dimenticato che in una
stessa malattia, nel medesimo pericolo di morte, il malato non può essere unto
più di una volta e che se, ricevuta la sacra Unzione, il malato migliora, ogni
volta che poi torna a essere in pericolo di morte, potrà sempre ricevere il soccorso
sacramentale. L'unzione infatti è nel gruppo dei sacramenti che possono essere
ripetuti.
6 Come deve essere ricevuta l'Estrema Unzione
270 Deve porsi poi ogni
studio nell'eliminare tutto ciò che può essere di ostacolo alla grazia del
sacramento. E poiché a essa fa da barriera insormontabile la coscienza di
qualche peccato mortale, si deve rispettare la costante consuetudine della
Chiesa cattolica, secondo la quale, prima dell'Estrema Unzione, vengono
amministrati i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Dopo, i parroci
inculcheranno al malato di ricevere l'Unzione dal sacerdote con quella fede che
animava quelli che si presentavano agli Apostoli per essere sanati. Bisogna
prima chiedere la salute dell'anima e poi quella del corpo, con la clausola che
questa possa giovare alla gloria eterna. I fedeli non dubitino mai che saranno
ascoltate da Dio le sante e solenni preghiere che il sacerdote recita, non in
nome proprio, ma nel nome della Chiesa e dello stesso nostro Signore Gesù
Cristo. Bisognerà inoltre esortarli caldamente perché curino di ricevere con
religiosa pietà il salutare sacramento non appena si presenta la lotta più
aspra e, imminente, il crollo delle energie fisiche e morali.
7 Il ministro dell'Estrema Unzione
271 Abbiamo già appreso dallo
stesso Apostolo che promulgò il precetto del Signore su questo sacramento, chi
sia il ministro dell'Estrema Unzione. Egli dice: "Chiami i
presbiteri" (Gc 5,14). Con questo nome, secondo la saggia interpretazione
del Concilio Tridentino (sess. 14, cap. 3), non indicava già gli avanzati in
età, o coloro che occupano in mezzo al popolo la posizione più eminente, ma i
sacerdoti debitamente ordinati dai vescovi mediante l'imposizione delle mani.
L'amministrazione del sacramento è dunque affidata al sacerdote. In base però
alle decisioni della santa Chiesa, tale amministrazione non spetta a qualsiasi
sacerdote, ma al proprio pastore, fornito di giurisdizione, o a chi egli ne
abbia dato la delega. Si tenga presente del resto che, adempiendo tale compito,
il sacerdote, come in tutti gli altri sacramenti, rappresenta nostro Signore
Gesù Cristo e la santa Chiesa sua sposa.
8 Frutti dell'Estrema Unzione
272 I pastori spieghino con
cura i vantaggi di questo sacramento, di modo che, se altre considerazioni non
stimolano i fedeli a riceverlo, ve li induca almeno l'utilità, dal momento che
noi quasi tutto valutiamo in base al nostro vantaggio.
Diranno anzitutto che questo
sacramento infonde la grazia che cancella i peccati più lievi, comunemente
detti veniali. Esso infatti non è stato istituito per la remissione delle colpe
mortali, che sono cancellate dal Battesimo e dalla Penitenza. Questo sacramento
non è stato istituito principalmente per la remissione dei peccati più gravi,
che il Battesimo e la Penitenza invece effettuano per loro virtù.
Spiegheranno poi l'utilità
della sacra Unzione, che libera l'anima dal languore e dalla fragilità
contratti coi peccati e, in genere, da tutte le scorie dei peccati. Il momento
più opportuno per simile cura spirituale è quello in cui, sui colpiti da grave
morbo, incombe il pericolo della vita, poiché per natura l'uomo nulla teme più
della morte. Tale timore è accresciuto dalla memoria delle colpe passate,
quando specialmente siamo sul punto di sentirci aspramente accusati dalla nostra
coscienza. Sta scritto infatti: "Impauriti, ricorderanno le loro colpe e
le iniquità commesse si leveranno ad accusarli" (Sap 4,20). Anche l'animo
è angosciato dall'idea di essere vicinissimi al tribunale di Dio, che deve
pronunciare una sentenza giustissima su quel che ci saremo meritati.
Accade talora che, sgomenti
di terrore, i fedeli cadano in preda al più profondo scoramento. Quale mezzo
migliore, invece, per apprestarsi tranquillamente alla morte, che rimuovere la
tristezza, attendere in letizia la chiamata del Signore, pronti a rendergli
quel che ci aveva affidato, non appena voglia richiedercelo? Ebbene, l'Estrema
Unzione appunto fa sì che lo spirito dei fedeli sia sgombrato da preoccupazioni
e l'animo venga ricolmato di pia e pura letizia.
Inoltre ne scaturisce un
altro vantaggio, giustamente ritenuto il più prezioso. Sebbene, finché viviamo,
l'avversario del genere umano non si astenga un istante dall'intenzione di
perderci, pure mai compie più audaci sforzi per rovinarci e, possibilmente,
strapparci ogni fiducia nella divina misericordia, di quando si avvede che ci
avviciniamo alla nostra ultima ora. Per questo con tale sacramento sono
apprestate ai fedeli armi ed energie per rintuzzare l'attacco infernale e
respingerlo. Esso apre l'animo del malato alla fiducia nella bontà divina, lo
conforta a sopportare più agevolmente i fastidi del male, lo addestra a eludere
la perfida insidia dell'astuto demonio.
Infine c'è da attendersi pure
la salute del corpo, se sarà profittevole all'anima. Che, se non sempre i
malati la conseguono, non deve ciò attribuirsi a incapacità del sacramento, ma
alla debolezza della fede della maggioranza di coloro che ricevono o
amministrano l'Unzione. Attesta infatti l'Evangelista che il Signore non operò
più miracoli fra i suoi a causa della loro incredulità (Mt 13,58), sebbene si
possa pure ragionevolmente pensare che, da quando la religione cristiana ha
messo più profondamente le sue radici nell'anima degli uomini, ha minor bisogno
di quelle prove miracolose che parvero necessarie agli inizi della Chiesa.
Comunque, la fede del morente dovrà essere stimolata, perché, qualunque cosa la
sapiente volontà di Dio stabilisca in rapporto alla salute corporale, i fedeli
ritengano con assoluta fiducia che, mediante l'azione del sacro olio,
conseguiranno la salute spirituale e che, se morranno, coglieranno il frutto
della mirabile promessa: "Beati i morti che spirano nel Signore" (Ap
14,13).
Se i pastori spiegheranno con
ampiezza e diligenza quanto siamo rapidamente venuti esponendo intorno al
sacramento dell'Estrema Unzione, indubbiamente i fedeli ne ritrarranno
singolari frutti di pietà.
I SACRAMENTI 175
8.1 L'ORDINE SACRO
Le prerogative del sacramento dell'Ordine
273 Chi si ponga a
considerare l'intima natura degli altri sacramenti, scorge subito che tutti
poggiano su quello dell'Ordine, senza il quale non possono essere effettuati e
amministrati, oppure rimangono privi di qualche solenne cerimonia o rito sacro.
E’ necessario quindi che i parroci, continuando la trattazione dei sacramenti, si
arrestino con particolare cura su quello dell'Ordine.
Tale spiegazione gioverà
quanto mai a loro stessi, quindi anche agli altri che sono iniziati alla vita
ecclesiastica e a tutto il popolo credente: a essi perché, insistendo nella
meditazione di questo argomento, sono più intensamente mossi a risuscitare la
grazia ricevuta nell'ordinazione; a quelli che sono chiamati al servizio
speciale del Signore, sia perché saranno accesi dal medesimo desiderio di
grazia, sia perché progrediranno in una cognizione che schiuderà loro la via a
più alti gradi di vita spirituale: a tutti i fedeli, perché comprenderanno così
di quanto onore siano meritevoli i ministri della Chiesa e non ignoreranno quel
che significhi il ministero ecclesiastico a cui tanti bramano destinare i loro
figlioli o si sentono spinti a consacrarvisi essi stessi.
Anzitutto si mostri ai fedeli
l'altissima nobiltà di questa istituzione, considerandone il grado più elevato:
il sacerdozio. I vescovi e i sacerdoti, infatti, sono come interpreti e ambasciatori
di Dio, nel cui nome comunicano agli uomini la legge divina e i precetti della
vita. Essi ne rappresentano sulla terra la persona. È chiaro che nessuna
funzione può concepirsi più insigne della loro, e che, a ragione, sono chiamati
non solo angeli, ma persino dei: essi infatti rappresentano fra noi l'efficacia
e l'azione di Dio immortale.
Sebbene i sacerdoti abbiano
rivestito sempre una dignità somma, quelli del Nuovo Testamento vanno per onore
innanzi a tutti gli altri. La potestà a essi conferita di consacrare e di
offrire il corpo e il sangue del Signore, e quella di rimettere i peccati
oltrepassano, si può dire, l'ambito dell'intelligenza umana. Non c'è nulla di
simile sulla terra.
Inoltre, come il nostro
Salvatore fu inviato dal Padre e gli Apostoli e i discepoli lo furono, per
tutto il mondo, da nostro Signore Gesù Cristo, così ogni giorno i sacerdoti,
insigniti della medesima potestà, sono mandati a perfezionare con il ministero
la società dei santi e a edificare il corpo mistico di Cristo (Ef 4,12). Non
s'imponga dunque con leggerezza a chiunque simile onere, ma soltanto a quelli
che possano sostenerlo con santità di vita, con dottrina, con fede e con
prudenza. Non se lo arroghi il primo venuto, ma solo chi è chiamato da Dio,
come Aronne (Eb 5,4). In pratica sono chiamati da Dio coloro che sono chiamati
dai legittimi ministri della Chiesa. A chi s'insinua indebitamente in questo
ministero, si devono applicare le parole del Signore: "Io non inviavo
profeti ed essi accorrevano" (Ger 23,21). In realtà non vi potrebbero
essere individui più infelici, più miserabili, più perniciosi alla Chiesa di
Dio.
E poiché in ogni impresa a
cui si pone mano importa soprattutto badare al fine che ci si propone (se
infatti il fine è retto, tutto ne consegue bene), a coloro che vogliono essere
iniziati alla carriera sacra deve dirsi anzitutto che non si prefiggano nulla
che sia indegno di così insigne funzione. Tanto più premurosamente deve essere
spiegato questo punto, in quanto ai tempi nostri i fedeli sogliono in proposito
mancare più gravemente.
Alcuni infatti si incamminano
per questo stato per procacciarsi il necessario alla vita.
Al di fuori del guadagno,
costoro non vedono altro nel sacerdozio; proprio come coloro che si volgono a
qualsiasi genere di sordida speculazione. E’ vero si, secondo la sentenza
dell'Apostolo, che la natura e la legge divina vogliono che chi serve
all'altare viva dell'altare (1 Cor 9,9), ma ascendere all'altare per lucro
costituisce il più grave dei sacrilegi. Altri sono spinti alla vita sacerdotale
dall'ambizione e dalla cupidigia degli onori; altri ancora dal miraggio delle
ricchezze, come prova il fatto che se non viene conferito loro un pingue
beneficio, non pensano affatto all'Ordinazione sacra. Nostro Signore chiama
costoro "mercenari" (Gv 10,12) e di essi Ezechiele disse che
attendono a pascere se stessi non già le pecore (Ez 34,8). La svergognata
bassezza di costoro non solamente getta un'ombra cupa sulla dignità
sacerdotale, che finisce con apparire al popolo fedele abbiettissima e
sprezzabilissima, ma fa sì che essi stessi ricavino dal sacerdozio solo quello
che Giuda ricavò dal suo apostolato: il supplizio eterno.
Entrano veramente per la
porta nella Chiesa coloro che, chiamati legittimamente da Dio, assumono gli
uffici ecclesiastici con un solo scopo: servire all'onore di Dio. Non che tale
scopo non valga per tutti gli uomini. Essi infatti sono stati appunto creati
per onorare Dio e lo devono fare con tutto il cuore, con tutta l'anima, con
tutte le forze, specialmente i fedeli partecipi della grazia battesimale. Chi
vuole essere iniziato al sacramento dell'Ordine deve tuttavia proporsi non solo
di cercare la gloria di Dio in tutto (dovere codesto comune a tutti e in
particolare ai fedeli), ma anche di ottemperare santamente agli oneri del
ministero ecclesiastico al quale è addetto.
Come nell'esercito tutti i
soldati sottostanno ai comandi del capo supremo, ma fra essi vi sono
comandanti, capitani e altri che adempiono vari uffici, così, sebbene tutti i
fedeli indistintamente debbano praticare con cura la virtù e la pietà per dare
ossequio a Dio, gli iniziati al sacramento dell'Ordine adempiono nella Chiesa
particolari mansioni. Essi compiono i sacri riti per sé e per tutto il popolo;
proclamano il valore della legge divina; esortano e insegnano ai fedeli a
rispettarla con animo pronto; amministrano i sacramenti di nostro Signore Gesù
Cristo, con i quali la grazia è distribuita e accresciuta. In una parola,
segregati dal popolo, si esercitano nel più alto e mirabile ministero.
Spiegato ciò, i parroci
passeranno a sviluppare le proprietà del sacramento, affinché i fedeli bramosi
di essere elevati al ceto ecclesiastico, comprendano il genere di ufficio a cui
sono chiamati e la potestà divinamente affidata alla Chiesa e ai suoi ministri.
9 Potestà dell'Ordine
274 Questa potestà è duplice:
di "ordine" e di "giurisdizione". La prima si riferisce al
corpo reale di nostro Signore Gesù Cristo nella santa Eucaristia. La seconda
riguarda esclusivamente il corpo mistico di Gesù Cristo, equivalendo alla
facoltà di governare e guidare il popolo cristiano verso l'eterna beatitudine
del cielo.
La potestà dell'Ordine però
non si esaurisce nella facoltà di consacrare l'Eucaristia, ma vale a preparare
e abilitare gli animi degli uomini a riceverla e include tutto ciò che comunque
si riferisce al sacramento eucaristico. Si possono ricavare dalla Scrittura
molte testimonianze in proposito. Le più nette e categoriche sono quelle di san
Giovanni e di san Matteo. Dice il Signore: "Come il Padre ha mandato me,
anch'io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati,
saranno loro rimessi e saranno ritenuti a chi li riterrete" (Gv 20,21ss).
"In verità vi dico: quanto legherete sulla terra, sarà legato nel cielo e
quanto scioglierete sulla terra, sarà sciolto nel cielo" (Mt 18,18).
Questi passi, che i parroci spiegheranno sulle orme autorevoli dei Padri,
potranno illuminare esaurientemente la verità.
Simile potestà supera di gran
lunga quella che, per legge di natura, spetta sempre a chi amministra le cose
sacre. Anche l'epoca che precedette la legge scritta dovette avere un suo
sacerdozio e una sua potestà spirituale, dal momento che ebbe una sua legge. Le
due cose, secondo la parola dell'Apostolo, sono così strettamente associate,
che la soppressione dell'una importa quella dell'altra (Eb 7,12). Poiché
l'istinto naturale porta gli uomini a riconoscere che Dio deve essere onorato,
ne conseguiva che in ogni collettività ci fossero alcuni preposti all'esercizio
del culto, la cui autorità deve dirsi in qualche modo spirituale.
Tale potere non mancò neanche
al popolo d'Israele; ma la potestà spirituale dei suoi sacerdoti, sebbene
superiore a quella dei sacerdoti secondo la legge naturale, fu di gran lunga
inferiore a quella della legge evangelica. Questa è celeste; supera perfino
ogni virtù angelica e non trae origine dal sacerdozio mosaico, ma da Gesù
Cristo, sacerdote non secondo Aronne, ma secondo l'ordine di Melchisedec.
Fornito di tutta la potestà per distribuire la grazia e rimettere i peccati, ne
rilasciò il deposito alla Chiesa, circoscrivendone la virtù e vincolandola ai
sacramenti.
10 Significato del nome
275 A esercitare simile
potestà sono designati speciali ministri, consacrati con rito solenne. Questa
consacrazione, appunto, è detta sacramento dell'Ordine o, con altre parole,
Ordinazione sacra. I Padri vollero adottare simile denominazione molto
generica, per esprimere l'eccellente dignità dei ministri di Dio. L'
"ordine", a tutto rigore, è l'armonica disposizione di esseri
superiori e inferiori, coordinati e disciplinati fra loro in reciproco
rapporto. Opportunamente quindi codesto termine viene applicato a un ministero
che conta varie gradazioni e funzioni, tutte razionalmente distribuite e
associate.
11 L'Ordine è un vero sacramento
276 II santo Concilio
Tridentino provò che la sacra Ordinazione deve essere annoverata fra gli altri
sacramenti della Chiesa con l'argomento spesso ripetuto: se il sacramento è un
segno di cosa sacra e se quanto viene esternamente operato con tale
consacrazione esprime la grazia e la potestà conferite al consacrato, ne segue
evidentemente che l'Ordine è un vero e proprio sacramento. Perciò il vescovo,
presentando all'ordinando il calice con vino e acqua e la patena con il pane,
dice: "Ricevi il potere di offrire il sacrificio". La Chiesa insegnò
sempre che con simili parole, mentre viene presentata la materia, è conferita
la potestà di consacrare l'Eucaristia ed è impresso nell'anima il carattere, al
quale è connessa la grazia necessaria al compimento valido e legittimo del
rito. L'Apostolo ha espresso tutto ciò con le parole: "Ti esorto a
rinnovare in te la grazia di Dio, a tè conferita mediante l'imposizione delle
mie mani. Dio, infatti, non c'infuse lo spirito del terrore, ma quello della
virtù, dell'amore e della sobrietà" (2 Tm 1,6.7).
L'amministrazione di così
eccelso sacerdozio, per usare le parole del santo Concilio, è cosa divina. Era
quindi logico, affinché potesse svolgersi più degnamente e in mezzo alla più
profonda venerazione, che nell'ordinata disposizione ecclesiastica vi fossero
varie categorie di ministri, destinati a servire al sacerdozio, e così
disposti, una volta insigniti della tonsura clericale, ascendessero dai gradi
minori ai maggiori.
I pastori mostreranno come,
secondo la perenne tradizione della Chiesa cattolica, questi ordini sono
compresi in un ciclo settenario e hanno questi nomi: ostiario, lettore,
esorcista, accolito, suddiacono, diacono, sacerdote. La ragionevolezza di
questo numero può essere mostrata dall'indicazione delle singole attribuzioni,
necessarie per il compimento e l'amministrazione del santo sacrificio della
Messa e dell'Eucaristia, in vista delle quali esse furono appunto istituite.
Di questi ordini alcuni son
detti "maggiori", o anche "sacri" altri "minori".
I maggiori o sacri sono: l'ordine sacerdotale, il diaconato e il suddiaconato.
Nella categoria dei minori rientrano gli accoliti, gli esorcisti, i lettori,
gli ostiari. Dobbiamo dire qualcosa sui singoli, affinché i parroci sappiano
come istruire coloro che fossero destinati all'uno o all'altro di essi.
12 Preparazione agli ordini: la "tonsura"
277 Si deve cominciare dalla
prima "tonsura", che è una preparazione a ricevere gli ordini. Come
gli uomini sogliono essere preparati al Battesimo con gli esorcismi e al
Matrimonio con gli sponsali, così, quando sono dedicati a Dio con il taglio dei
capelli, vedono aperto dinanzi a sé l'adito al sacramento dell'Ordine. Il rito
mostra come debba essere chi vuoi votarsi al ministero sacro.
Il nome di
"chierico", che viene allora imposto, è ricavato dal fatto che il
tonsurato comincia ad avere Dio per sua eredità e suo retaggio, come coloro che
in mezzo al popolo Ebreo erano legati al culto divino. Il Signore aveva vietato
che nella terra promessa venisse loro assegnata una parte di terreno, dicendo:
"Io sono la tua parte e la tua eredità" (Nm 18,20). Che se Dio è
eredità di tutti i fedeli, è necessario che lo sia in modo speciale per coloro
che si consacrano al ministero divino.
I capelli vengono tagliati in
forma di corona, che si dovrà poi sempre conservare; mano a mano che il
chierico sale ai gradi superiori, se ne amplierà la circonferenza. La Chiesa
insegna che tale uso risale agli Apostoli, poiché ne parlano antichissimi e
autorevolissimi Padri, quali Dionigi l'Areopagita, Agostino, Girolamo. Essi
narrano anzitutto che il principe degli Apostoli introdusse quell'uso, per
ricordare la corona di spine posta sul capo del nostro Salvatore. Così quel che
gli empi avevano progettato a vergogna e martirio di Gesù Cristo, venne
praticato dagli Apostoli a suo onore e gloria, esprimendo anche il dovere dei
ministri della Chiesa di riprodurre in tutto l'immagine e l'esempio di nostro
Signore Gesù Cristo.
Non mancano però quelli che
scorgono in questo segno esteriore simboleggiata la dignità regale, spettante
in particolare a coloro che sono chiamati al servizio del Signore. Cosicché il
riconoscimento pronunziato dall'Apostolo Pietro sul popolo fedele: "Voi
stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa" (1 Pt 2,9), spetta
evidentemente con singolare proprietà ai ministri della Chiesa. Altri infine
ritengono che la figura circolare, la più perfetta di tutte, simboleggi la
professione di vita più perfetta assunta dai chierici, oppure che il taglio dei
capelli, quale superfluità del corpo umano, esprima il dispregio del mondo e la
liberazione dell'anima dalle cure terrene.
13 L'ostiario
278 Dopo la prima tonsura il
primo gradino è, secondo la consuetudine, l'ordine dell'ostiario. Suo ufficio era di custodire le chiavi e la porta del
tempio, allontanandone coloro ai quali era vietato di entrare. Assisteva anche
al santo sacrificio della Messa, badando che nessuno si avvicinasse più del
lecito all'altare e disturbasse il sacerdote intento al sacro rito. Anche altre
religiose incombenze erano a lui affidate, come può ricavarsi dalle cerimonie
della sua consacrazione. Il vescovo, infatti, consegnandogli le chiavi prese
dall'altare, dice al candidato all'ostiariato: "Comportati in modo da
poter rendere a Dio ragione di ciò che è chiuso con queste chiavi". Se
pensiamo a quello che nei tempi antichi soleva essere conservato nella chiesa,
intendiamo subito quanto grande fosse allora la dignità di quest'ordine.
L'ufficio di tesoriere, identico a quello di custode della sacrestia, spettante
agli ostiari, è annoverato anche oggi fra le più onorifiche funzioni
ecclesiastiche.
14 Il lettorato
279 II secondo grado
dell'ordine è costituito dall'ufficio di lettore. A questi spetta leggere a
voce alta nel tempio i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, specialmente
quelli la cui lettura è intercalata alle salmodie notturne. Tra le sue mansioni
c'era anche quella di impartire ai fedeli i primi rudimenti della religione
cristiana. Per questo il vescovo, alla presenza del popolo, consegnando
all'ordinando il libro delle lezioni, gli dice: "Prendi e sii
l'annunciatore della parola di Dio. Se avrai adempiuto fedelmente e
proficuamente il tuo ufficio, sarai tra coloro che annunciarono efficacemente
fin dagli inizi la parola del Signore".
15
16 L'esorcistato
280 II terzo è dato
dall'ordine degli esorcisti, ai quali è affidato il mandato di invocare il nome
di Dio su coloro che sono posseduti da spiriti immondi. Per questo il vescovo,
ordinandoli, presenta un libro contenente le formule di esorcismo e dice:
"Prendi, impara a memoria e ricevi la potestà di imporre le mani sugli
energumeni, tanto battezzati che catecumeni".
17 L'accolitato
281 II quarto e ultimo grado
fra i "minori", che non si chiamano "sacri", è
l’accolitato. Gli accoliti devono assistere e coadiuvare i ministri maggiori,
suddiaconi e diaconi, nel ministero dell'altare. Inoltre portano e custodiscono
i lumi durante la celebrazione solenne della Messa, specialmente alla lettura
del Vangelo. Per questo son detti anche "ceroferari". Il rito
dell'ordinazione, compiuto dal vescovo, si svolge così: dopo l'ammonizione
solenne sulla loro funzione, il vescovo fa toccare a ciascuno un candeliere,
dicendo: "Prendi il candeliere con il cero e sappi che sei impegnato ad
accendere i lumi della chiesa, nel nome del Signore". Quindi consegna le
ampolline vuote, con cui vengono forniti l'acqua e il vino per il sacrificio, e
dice: "Prendi le ampolline destinate a dare il vino e l'acqua per
l'Eucaristia del sangue di Cristo nel nome del Signore".
Il suddiaconato
282 Dagli ordini minori e non
sacri, di cui abbiamo detto fin qui, si passa ordinatamente ai maggiori e
sacri. Al primo posto sta il suddiaconato. Come il nome stesso indica, chi ne è
investito deve servire il diacono all'altare; deve cioè preparare le sacre
tovaglie, i vasi, il pane e il vino, necessari allo svolgimento del sacrificio;
versa anche l'acqua quando il vescovo e il sacerdote, durante la Messa, si
lavano le mani. Il suddiacono inoltre legge l'Epistola che, una volta, era
recitata dal diacono nella Messa e, in qualità di testimone, assiste al sacro
rito impedendo che il celebrante sia disturbato da qualcuno.
Il compito del ministero
suddiaconale è bene adombrato nelle cerimonie solenni che accompagnano la
rispettiva consacrazione. Anzitutto il vescovo ricorda che, a questo ordine, è connessa
la legge della perpetua castità e ammonisce che nessuno può essere introdotto
nell'ordine suddiaconale se non promette di uniformarsi a essa. Dopo la solenne
preghiera delle Litanie, enumera e commenta le mansioni e gli obblighi del
suddiacono. Dopo ciò i singoli ordinandi ricevono dal vescovo il calice e la
sacra patena e affinché comprendano come il suddiacono deve cooperare
all'ufficio diaconale, ricevono dall'arcidiacono le ampolline piene di acqua e
di vino, insieme al bacile e al tovagliolo con cui si asciugano le mani, mentre
il vescovo pronuncia la formula: "Guardate quale ministero vi viene
affidato e perciò vi ammonisco di comportarvi in modo da piacere a Dio".
Seguono altre preci. Infine, dopo aver ricoperto il suddiacono con i sacri paramenti,
per ciascuno dei quali sono prescritte speciali formule e cerimonie, il vescovo
gli offre il libro delle Epistole, dicendo: "Prendi il volume delle
Epistole e ricevi la facoltà di leggerle nella santa Chiesa di Dio, per i vivi
e per i defunti".
18 Il diaconato
283 Al secondo grado dei
sacri ordini sta il diaconato, il cui ministero è più ampio ed è stato sempre
ritenuto più santo.
Al diacono spetta seguire
sempre il vescovo, assisterlo mentre predica, stare vicino a lui e al
sacerdote, quando celebrano o amministrano altri sacramenti; infine leggere il
Vangelo nel sacrificio della Messa. Una volta esortava i fedeli a partecipare
più spesso alle sacre funzioni e distribuiva anche il sangue del Signore, là
dove vigeva la consuetudine che i fedeli ricevessero l'Eucaristia sotto le due
specie. Al diacono era inoltre affidata la distribuzione dei beni
ecclesiastici, in modo che a nessuno mancasse il necessario sostentamento. Il
diacono in più, quasi occhio del vescovo, deve indagare chi in città viva
religiosamente e chi no; chi assista quando è prescritto al sacrificio e alla
predica e chi manchi, informandone il vescovo perché questi possa privatamente
ammonire i colpevoli, o pubblicamente riprenderli, secondo quanto riterrà più
giovevole.
Deve anche fare l'appello dei
catecumeni e presentare al vescovo coloro che devono essere elevati al
sacramento dell'Ordine. In assenza del vescovo e del sacerdote, può anche
spiegare il Vangelo, non però dall'ambone, perché si capisca che quella non è
sua normale mansione.
L'Apostolo pone in luce la
diligenza con cui deve precludersi agli indegni l'accesso a quest'ordine,
quando espone a Timoteo i costumi, le virtù e l'integrità del diacono (1 Tm
3,7ss). Allo stesso fine mirano i riti e le solenni cerimonie con cui il vescovo
lo consacra: preghiere più numerose e più fervide di quelle adoperate
nell'ordinazione del suddiacono e imposizione di altri sacri paramenti. In più
gli impone le mani, come leggiamo fatto dagli Apostoli quando istituirono i
primi diaconi (At 6,6). Infine gli consegna il libro dei Vangeli con le parole:
"Ricevi la facoltà di leggere il Vangelo nella Chiesa di Dio, così per i
vivi come per i defunti, nel nome del Signore".
Il sacerdozio: interiore (o universale) ed esteriore
(o ministeriale)
284 II terzo e supremo grado
dei sacri ordini è rappresentato dal sacerdozio. Coloro che ne sono rivestiti,
sogliono ricevere due nomi dai Padri antichi: talora quello di
"presbiteri", che in greco vuole dire "anziani", non solo
per la maturità degli anni, necessarissima a quest'ordine, ma molto più per la
gravità, erudizione e prudenza indispensabili, essendo scritto che la maturità
veneranda non va calcolata in base al numero degli anni, perché la canizie è
data dalla serietà e dalla vita immacolata (Sap 4,8); altre volte son detti
"sacerdoti", sia perché consacrati a Dio, sia perché hanno l'incarico
di amministrare i sacramenti e di trattare le cose divine.
Secondo le indicazioni della
Sacra Scrittura, occorre distinguere un duplice sacerdozio: uno
"interiore" e uno "esteriore" affinché i pastori possano
indicare di quale ora si parli.
Il sacerdozio interiore
compete a tutti i fedeli non appena siano stati battezzati, ma specialmente ai
giusti che posseggono lo spirito di Dio e son divenuti, in virtù della grazia
divina, vive membra di Gesù Cristo, sommo sacerdote. Essi infatti, per la fede
animata dalla carità, sull'altare del loro spirito immolano a Dio vittime
spirituali, che sono tutte le buone e oneste azioni indirizzate alla gloria di
Dio. Leggiamo perciò nell’Apocalisse:
"Cristo ci mondò dalle nostre colpe nel suo sangue, ci fece regno e
sacerdoti di Dio suo Padre" (Ap 1,5). Analogamente è stato scritto dal
principe degli Apostoli: "Come pietre vive siete posti l'uno sull'altro,
quale casa spirituale, sacerdozio santo che offre vittime spirituali, a Dio
accette per i meriti di Gesù Cristo" (1 Pt 2,5). Parimenti l'Apostolo ci
esorta a offrire i nostri corpi in olocausto vivo, santo, gradito a Dio, come
culto nostro razionale (Rm 12,1). Infine, molto tempo innanzi, David aveva
detto: "E un sacrificio agli occhi di Dio un'anima addolorata; tu, o Dio,
non disprezzerai un cuore contrito e umiliato" (Sal 50,19). Tutto ciò
evidentemente va applicato al sacerdozio interiore.
Il sacerdozio esteriore
invece non compete alla moltitudine dei fedeli, ma ad alcuni individui in
particolare che, consacrati con la legittima imposizione delle mani e con
solenni cerimonie ecclesiastiche, sono destinati a un sacro e speciale
ministero.
La distinzione dei due
sacerdozi può cogliersi anche nell'antica legge. Abbiamo visto come David parli
di quello interiore. Tutti sanno invece quanti precetti abbia imposto a Mosè e
ad Aronne il Signore, per quello esteriore. Egli inoltre destinava tutta la
tribù Levitica al ministero del tempio, proibendo tassativamente che un altro
di diversa tribù osasse introdursi in tale funzione (Nm 3,10). Perciò il re
Ozia, avendo usurpato la mansione sacerdotale, fu colpito dal Signore con la
lebbra e subì così l'espiazione gravissima del suo arrogante sacrilegio (2 Cr
26,19).
E poiché possiamo segnalare
la medesima distinzione del sacerdozio nella legge evangelica, ai fedeli dovrà
dirsi che noi trattiamo qui del sacerdozio esteriore, affidato a determinati
individui: solo a questo si riferisce di proposito il sacramento dell'Ordine.
Ecco gli obblighi del
sacerdote: offrire a Dio l'incruento sacrificio e amministrare i sacramenti
della Chiesa. Così risulta dai riti della consacrazione. Quando il vescovo
consacra un sacerdote novello, anzitutto, insieme ai sacerdoti presenti, gli
impone le mani; quindi imponendogli sulle spalle la stola, gliela aggiusta sul
petto a forma di croce. Questo gesto esprime il fatto che il sacerdote riceve
dall'alto una forza per portare la croce di nostro Signore e il soave giogo
della legge divina che egli dovrà far conoscere, non solamente con la parola,
ma anche con l'esempio di una vita santamente vissuta. Quindi ne unge le mani
con l'olio sacro e gli fa toccare il calice con il vino e la patena con
l'ostia, mentre dice: "Ricevi la facoltà di offrire il sacrificio a Dio e
di celebrare la Messa tanto per i vivi quanto per i defunti". Con simili
riti e formule il sacerdote viene costituito interprete e mediatore tra Dio e
gli uomini: questa è la sua funzione principale. In ultimo, imponendo di nuovo
le mani sul suo capo, il vescovo dice: "Ricevi lo Spirito Santo: a chi
avrai rimesso i peccati, saranno rimessi; a chi li avrai ritenuti sono
ritenuti". Così gli conferisce quella celeste facoltà di ritenere e
rimettere i peccati, che il Signore diede ai suoi discepoli.
19 Gradi della potestà sacerdotale
285 Queste sono le
attribuzioni proprie e principali dell'ordine sacerdotale che, sebbene sia
unico, ha molti gradi di dignità e di autorità.
Il primo è quello dei
semplici sacerdoti, delle cui mansioni abbiamo parlato fin qui.
Il secondo è quello dei
vescovi, preposti alle singole diocesi, affinché governino non solamente gli
altri ministri della Chiesa, ma anche il popolo dei fedeli, vigilando con somma
cura alla loro salvezza. Per questo sono chiamati spesso nella Scrittura:
"pastori delle pecore". Il loro ufficio fu descritto da san Paolo nel
discorso che tenne agli Efesini e riferito dagli Atti (20,28). Anche san
Pietro, principe degli Apostoli, formulò una certa regola divina del ministero
episcopale (1 Pt 5,2). Se i vescovi cercheranno di conformarvisi, saranno senza
dubbi, e appariranno, ottimi pastori. Essi sono chiamati anche
"pontefici", secondo l'uso dei pagani, che chiamavano così i capi dei
sacerdoti.
Il terzo grado comprende gli
arcivescovi, dai quali dipendono parecchi vescovi. Sono chiamati anche
"metropoliti, perché sono i presuli di città considerate madri delle altre
in una determinata provincia. Spettano a essi, di diritto, onore e potere
superiori a quelli dei vescovi, ma, per quanto riguarda l'ordinazione, non ne
differiscono.
Al quarto grado appartengono
i patriarchi, i primi cioè e supremi Padri. Una volta, in tutta la Chiesa, al
di fuori del Sommo Pontefice romano si contavano soltanto quattro patriarchi e
non tutti di pari dignità. Quello di Costantinopoli, sebbene avesse conseguito
codesto titolo dopo gli altri, pure fu a essi anteposto per la maestà
dell'impero. Veniva poi quello di Alessandria, chiesa fondata per comando
dell'Apostolo Pietro dall'Evangelista Marco, quindi quello di Antiochia, prima
sede del principe degli Apostoli, infine il Gerosolimitano, la cui sede fu
tenuta da Giacomo, fratello del Signore.
Al disopra di tutti, la
Chiesa cattolica ha sempre venerato il Sommo Pontefice romano che, nel Concilio
Efesino, Cirillo di Alessandria chiamava "padre e patriarca di tutta la
terra". Sedendo egli sulla cattedra che Pietro, principe degli Apostoli,
occupò fino al termine dei suoi giorni, riveste il più alto grado di dignità e
il più vasto ambito di giurisdizione, non in virtù di costituzioni sinodali o
di decreti umani, ma di una investitura divina. Per essa è padre di tutti i
fedeli e di tutti i vescovi e presuli, qualunque sia la funzione e il potere di
cui sono rivestiti; quale successore di Pietro, autentico e legittimo vicario
di nostro Signore Gesù Cristo, presiede alla Chiesa universale.
20 Il ministro dell'Ordine
286 Così i parroci
mostreranno quali siano le principali mansioni degli ordini e dei gradi
ecclesiastici e chi sia il ministro di questo sacramento. Tale amministrazione
spetta al vescovo, come è facile dimostrare mediante l'autorità della
Scrittura, la tradizione certissima, la testimonianza concorde dei Padri, i
decreti conciliari e la consuetudine ecclesiastica. Sebbene ad alcuni abati sia
stato concesso in determinati casi di conferire gli ordini minori, esclusi i
sacri, tuttavia nessuno dubita essere tale amministrazione un ufficio riservato
al vescovo. Egli solo, a esclusione di tutti gli altri, può ordinare
suddiaconi, diaconi e sacerdoti; mentre i vescovi, in base a una tradizione
apostolica perennemente custodita nella Chiesa, sono consacrati da tre vescovi.
21
22 Soggetto dell'Ordine
287 Passiamo ora a spiegare
chi sia atto a ricevere questo sacramento, in particolare l'ordine sacerdotale,
e quali doti debba possedere. Quando lo avremo indicato per il sacerdozio, non
sarà difficile fissare le regole per gli altri ordini, secondo l'ufficio e la
dignità di ciascuno. Che a proposito di questo sacramento si debba usare la
massima cautela, appare dal fatto che mentre gli altri sacramenti infondono la
grazia per la santificazione e il vantaggio di chi li riceve, gli ordinati
invece partecipano alla grazia celeste, perché attraverso il loro ministero si
provveda alla salute della Chiesa e quindi di tutti gli uomini. Perciò le
ordinazioni si compiono solamente in determinati giorni nei quali, secondo
l'antichissimo uso della Chiesa cattolica, sono imposti solenni digiuni,
affinché il popolo fedele invochi da Dio, con umili preci, ministri tali che
siano atti a esercitare, con probità e con vantaggio della Chiesa, il loro
sublime ministero.
Il candidato al sacerdozio
deve anzitutto essere raccomandato da una vita specchiata e da costumi integri.
Chi si accosti all'iniziazione con l'animo consapevolmente macchiato di colpa
mortale, cade in un'altra e più grave scelleratezza. Inoltre non deve il
sacerdote far risplendere dinanzi agli altri la lampada della virtù e
dell'innocenza? I pastori ricorderanno quel che l'Apostolo raccomanda a Tifo e
a Timoteo in proposito e mostreranno come quei difetti corporali che nel
Vecchio Testamento, in virtù della prescrizione divina, allontanavano
dall'altare, nel nuovo patto vanno interpretati in senso spirituale. Va perciò
rispettata la santa consuetudine ecclesiastica, per cui gli ordinandi devono
prima purificarsi con una diligente confessione.
Non basta nel sacerdote la
cognizione di quanto è connesso all'uso e all'applicazione dei sacramenti: egli
deve essere anche colto nelle scienze sacre, per poter insegnare al popolo
cristiano i misteri della fede e i precetti della divina legge, incitare i
fedeli alla virtù e alla devozione, allontanarli dal male. Il sacerdote infatti
ha due uffici: consacrare e amministrare secondo le regole i sacramenti e
istruire il popolo affidategli sulle vie e i mezzi della salvezza eterna. Dice
Malachia: "Le labbra del sacerdote custodiranno la scienza e tutti
apprenderanno dalla sua bocca la Legge: egli è l'angelo del Signore degli
eserciti" (Ml 2,7). Al primo può ottemperare anche se fornito di cognizioni
mediocri, ma il secondo esige indubbiamente una scienza non comune, anzi
raffinata. Non tutti i sacerdoti però devono essere forniti di specialissima
erudizione: basta che questa sia proporzionata alle esigenze e ai doveri
dell'ufficio cui sono chiamati.
Non si impartisca questo
sacramento ai fanciulli e ai pazzi privi dell'uso di ragione, per quanto si
debba ritenere che, se è loro amministrato, imprime nelle loro anime il
carattere sacramentale. I decreti del sacro Concilio di Trento hanno stabilito
l'età per i singoli ordini. Sono esclusi anche gli schiavi, non potendo essere
dedicato al culto divino chi non è padrone di sé, ma è costituito in altrui
potere. Sono esclusi poi i sanguinari e gli omicidi, che per legge
ecclesiastica sono irregolari; infine i bastardi e tutti coloro. che non son
nati da nozze legittime, poiché è bene che quanti si dedicano alle funzioni
sacre nulla offrano in sé che, a ragione, possa essere esposto all'altrui
dileggio e disprezzo. Infine non devono essere promossi agli ordini i deformi
per qualche grave vizio corporale e gli storpi. La deformità ha qualcosa di
ripugnante e questa menomazione può ostacolare l'amministrazione dei
sacramenti.
23
24 Effetti dell'Ordine
288 Rimane poi solo che i
pastori spieghino gli effetti di questo sacramento.
Come abbiamo detto, il
sacramento dell'Ordine mira principalmente al vantaggio e al decoro della
Chiesa; tuttavia dona la grazia della santificazione anche all'anima
dell'ordinato, in virtù della quale sarà idoneo a esercitare rettamente il suo
ufficio e ad amministrare i sacramenti, come la grazia del Battesimo abilita a
ricevere gli altri sacramenti.
In secondo luogo conferisce
la grazia di una speciale potestà in relazione al sacramento della santissima
Eucaristia: piena, nel sacerdote che, solo, può consacrare il corpo e il sangue
di nostro Signore; maggiore o minore nei ministri degli ordini inferiori,
secondo che il ministero di ciascuno si avvicina più o meno al sacramento
dell'altare.
Questa seconda grazia è detta
"carattere spirituale" perché gli iniziati si distinguono dagli altri
fedeli per una nota interiore, impressa nello spirito, che li vincola al culto
divino. Sembra avervi alluso l'Apostolo, quando scriveva a Timoteo: "Non
trascurare la grazia infusa in te per una rivelazione profetica, mediante
l'imposizione delle mani del presbiterio" (1 Tm 4,14). E altrove: "Ti
esorto a risuscitare la grazia di Dio, che ti è stata data con l'imposizione
delle mie mani" (2 Tm 1,6).
Questo può bastare per il
sacramento dell'Ordine. Noi ci eravamo soltanto proposti di indicare ai pastori
i principali capi di dottrina, affinché avessero a loro disposizione i temi su
cui istruire cristianamente il popolo fedele.
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