PARTE QUARTA
1.1.1 L’ORAZIONE
2 Importanza della preghiera nella cura pastorale
358 Tra i doveri e i compiti
del pastore è sommamente necessario, per la salvezza del popolo fedele,
l'insegnamento della preghiera cristiana, il cui valore e le cui forme molti
ignoreranno, se non vengono loro esposti dalla pia e fedele diligenza del
pastore. Perciò tra le cure principali del parroco deve esserci questa: che i
suoi uditori comprendano l'oggetto e il modo della preghiera verso Dio.
Tutte le qualità
indispensabili dell'orazione sono contenute in quella divina formula che Cristo
nostro Signore volle far nota agli Apostoli e, per mezzo loro, ai loro
successori e a tutti quelli che professano la religione cristiana. Le sue
parole ed espressioni occorre talmente imprimere nell'animo e nella memoria da
poterle avere sempre a portata di mano.
Affinché i parroci abbiano il
modo d'ammaestrare i loro fedeli uditori intorno a questa maniera di pregare,
qui esponiamo le norme che ci sembrarono più opportune, desunte da quegli
scrittori di cui sono più lodate la dottrina e la ricchezza degli argomenti; il
resto, se ce ne sarà bisogno, i pastori potranno attingerlo alle medesime
fonti.
3 Necessità dell'orazione
359 Prima d'ogni cosa bisogna
mostrare quanto sia necessaria l'orazione, il cui precetto non fu dato solo a
titolo di consiglio, ma ha valore di obbligo, come fu detto da Cristo nostro
Signore: "Bisogna sempre pregare" (Lc 18,1).
La Chiesa stessa ribadisce
questa necessità del pregare con quelle parole poste quasi come proemio della
Preghiera divina: "Istruiti dal comando del Salvatore e formati al suo
divino insegnamento, osiamo dire". Pertanto, essendo necessaria per i
cristiani la preghiera e avendo i discepoli chiesto al Figlio di Dio:
"Signore, insegnaci a pregare"
(Lc 11,1), egli stesso
prescrisse la forma della preghiera e diede loro speranza che avrebbe adempiuto
quello che essi domandavano. Egli stesso fu di ammaestramento per l'obbligo
della preghiera, perché non solo pregava assiduamente, ma passava anche la
notte a pregare (Lc 6,12). Quindi gli Apostoli non cessarono di tramandare, a
chi entrava nella fede di Gesù Cristo, i precetti riguardanti quest'obbligo.
Infatti san Pietro (1 Pt 4,7) e san Giovanni (1Gv 3,22) ammoniscono con la
massima cura i fedeli intorno alla preghiera e l'Apostolo, memore della sua
importanza, in più luoghi esorta i cristiani al salutare obbligo del pregare.
Noi abbiamo bisogno di tanti
benefici e vantaggi necessari alla salute dell'anima e del corpo, che dobbiamo
ricorrere alla preghiera come a una interprete, migliore d'ogni altra, dei
nostri bisogni e a un mezzo per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno.
Se Dio non deve nulla a
nessuno, certamente non resta che chiedergli con preghiere quel che ci occorre
e queste preghiere Dio ce le diede come uno strumento necessario per ottenere
ciò che desideriamo, soprattutto nel constatare che alcune cose non si possono
ottenere senza il suo aiuto. Le preghiere hanno infatti una tale virtù che da
esse specialmente vengono cacciati i demoni. C'è infatti un genere di demoni
che non si caccia se non con il digiuno e con l'orazione (Mt 17,20). Perciò si
privano della possibilità di ottenere segnalati doni coloro che non hanno
questa pratica abituale di pregare piamente e diligentemente. Per ottenere quel
che desideri c'è bisogno infatti di una richiesta non solo conveniente, ma
anche assidua, perché, come nota san Girolamo, sta scritto: "Tutto si dà a
chi chiede; perciò se a te non si dà nulla è perché non chiedi: chiedete dunque
e otterrete" (Comm. in evang.
Matthei, 1, 7).
4 Frutti dell'orazione
360 Questo dovere necessario
ha anche la gratissima utilità di produrre frutti copiosissimi, l'esposizione
dei quali i pastori prenderanno in abbondanza dai sacri autori quando avranno
bisogno di farne parte al popolo dei fedeli; in quella grande abbondanza noi ne
sceglieremo alcuni che oggi crediamo più adatti allo scopo.
Il primo vantaggio che ne
ricaviamo è che, pregando, rendiamo onore a Dio, perché l'orazione è una forma
di culto, paragonata nelle divine Scritture a un profumo: "Si
diriga", dice il Profeta, "la mia orazione, come incenso, al tuo
cospetto" (Sal 140,2). Noi in questo modo ci dichiariamo soggetti a Dio,
perché lo riconosciamo e proclamiamo autore di tutti i beni e a lui soltanto ci
rivolgiamo; egli è l'unico presidio e rifugio che ci assicura incolumità e
salvezza. Di questo vantaggio siamo avvertiti anche dalle parole:
"Invocami nel momento della sofferenza: io ti libererò e tu mi darai
onore" (Sal 49,15).
Altro frutto grande e gioioso
dell'orazione si ha quando le preghiere sono ascoltate da Dio; infatti, come
insegna sant'Agostino, l'orazione è la chiave del cielo. "Sale", egli
dice, "la preghiera e discende la commiserazione di Dio; quantunque
profonda sia la terra e alto il cielo, pure Dio ascolta la parola umana se
proviene da una coscienza pura". Così grande è l'efficacia, così grande
l'utilità di questo dovere di pregare, che con esso otteniamo la ricchezza dei
doni celesti. Così otteniamo che Dio c'invii come guida e sostegno lo Spirito
Santo e conseguiamo la conservazione della fede, l'incolumità, l'esenzione
dalle pene, la protezione divina nelle tentazioni e la vittoria sul diavolo; è
pure nella preghiera che troviamo un cumulo di gioie. Perciò il Signore diceva:
"Chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena" (Gv
16,24).
Né c'è motivo di dubitare che
la benignità di Dio aiuti la nostra richiesta e vi accondiscenda. Ciò è provato
da molte testimonianze della divina Scrittura, di cui citeremo, solo per
esempio, le parole di Isaia: "Allora, infatti", egli dice,
"invocherai e Dio ti esaudirà; griderai e Dio dirà: "Ecco: ti
soccorro" " (Is 58,9); e ancora: "Prima che gridino, io li
esaudirò; mentr'essi ancora parlano, io li ascolterò" (ibid., 65,24).
Omettiamo gli esempi di quanti con le preghiere ottennero qualcosa da Dio,
essendo quasi infiniti e posti innanzi agli occhi di tutti.
Talvolta però accade che non
otteniamo quel che chiediamo e così è veramente. In tal caso, Dio ha di mira
soprattutto la nostra utilità, o perché ci impartisce beni maggiori e migliori,
o perché non è necessario né utile quel che chiediamo; che anzi ci sarebbe
forse superfluo e dannoso se ce lo desse. Infatti, dice sant'Agostino,
"Dio, quando ci è propizio, nega quello che, invece, ci concede se è
sdegnato" (Epist. ad Probam,
130, 14,26).
Qualche volta, poi, avviene
che noi preghiamo così distratti e con tale negligenza che neppure badiamo a
quel che diciamo. Essendo, infatti, l'orazione una elevazione della mente a
Dio, se, nel pregare, l'animo che deve condursi a Dio, è distratto e le parole
della preghiera sono buttate giù alla rinfusa, senza attenzione e spirito di
religione, in che modo potremo dire che il vano suono di questa orazione è vera
preghiera cristiana? Perciò non v'è da meravigliarsi se Dio non acconsente alla
nostra volontà, quando mostriamo, con la negligenza e la noncuranza della
preghiera, di non voler quel che chiediamo, o chiediamo ciò che ci sarebbe
dannoso.
Invece, a coloro che chiedono
scientemente e diligentemente, si da molto più di quel che abbiano chiesto a
Dio, come testimonia l'Apostolo nella lettera agli Efesini (3,20) e come è
mostrato dalla famosa parabola del figliol prodigo, che pensava di esser
trattato ottimamente anche se suo padre l'avesse considerato come un servo
mercenario
(Lc 15, 11ss). Quando
rettamente pensiamo e preghiamo, Dio non soltanto accumula la grazia su di noi
con l'abbondanza dei doni, ma anche con la prontezza nell'esaudirci. Lo
mostrano le Sacre Scritture quando usano l'espressione: "II Signore esaudì
il desiderio dei poveri" (Sal 9,17); Dio infatti soccorre i bisogni intimi
e occulti dei poveri, senza nemmeno aspettare la loro preghiera.
Si aggiunge a questo un altro
frutto: pregando esercitiamo e accresciamo le virtù dell'anima, soprattutto la
fede. Infatti non possono pregare efficacemente coloro che non hanno fede in
Dio. "In che modo", dice l'Apostolo, "potranno invocare colui
nel quale non credono? " (Rm 10,14). Così i fedeli, con quanto più ardore
pregano, tanto maggiore e più sicura fede hanno nella tutela e provvidenza
divina, che richiede soprattutto questo: che rivolgendoci a essa in ogni
bisogno, le chiediamo tutte le cose necessarie. Dio potrebbe infatti, senza che
noi lo chiedessimo o neppur lo pensassimo, elargirci in abbondanza ogni cosa, a
quel modo che provvede a tutti i bisogni della vita degli animali privi di
ragione; ma questo beneficentissimo Padre vuole essere invocato dai figlioli;
vuole che noi, chiedendo per dovere ogni giorno, domandiamo con maggior
fiducia. E vuole che, ottenuto quanto chiediamo, di giorno in giorno sempre più
testimoniamo ed esaltiamo la sua benignità verso di noi.
Si accresce così anche la
carità, poiché, riconoscendo in Dio l'Autore di tutti i nostri beni e vantaggi,
lo amiamo con quanto più ardore possiamo. E come nelle persone che si amano,
sempre più cresce l'affetto dopo ogni colloquio, così gli uomini pii, che nella
preghiera quasi parlano con Dio, quanto più spesso lo pregano e ne implorano la
benignità, tanto maggiormente sono presi da gaudio e più ardentemente sono
incitati ad amarlo e adorarlo. Perciò Dio vuole che ci serviamo di questo
esercizio della preghiera, perché, ardendo dal desiderio di ottenere quel che
chiediamo, tanto andiamo avanti nell'assiduità e nel desiderio da esser degni
di ricevere quei benefici che prima l'animo nostro, fiacco e angusto, non
poteva contenere.
Vuole inoltre che noi
comprendiamo e teniamo presente che, se siamo abbandonati dall'aiuto della
grazia celeste, come accade realmente, non possiamo con l'opera nostra ottenere
nulla e perciò è necessario che attendiamo con tutto l'animo a pregare. Valgono
efficacemente queste armi dell'orazione contro i nemici più accaniti della
nostra natura; dice infatti sant'Ilario: "Contro il diavolo e le sue armi,
bisogna combattere con il suono delle nostre orazioni" (Tract, super Psalm., 65, 4).
Inoltre, per mezzo
dell'orazione conseguiamo quest'ottimo risultato: essendo noi proclivi al male
e ai vari appetiti della concupiscenza, innata in noi per la nostra debolezza.
Dio ci permette di raggiungerlo con il nostro pensiero, in modo che, mentre lo
preghiamo e cerchiamo di meritarci i suoi doni, riceviamo da lui la volontà di
custodire l'innocenza e ci purifichiamo da ogni macchia con la cancellazione di
tutte le nostre colpe.
In ultimo, secondo il
pensiero di san Girolamo, l'orazione può resistere all'ira divina.
Infatti così disse Dio a
Mosè: "Lasciami" (Es 32,10), perché egli tentava d'impedire con le
sue preghiere che Dio facesse scontare a quel popolo le colpe commesse. Non c'è
nulla, infatti, che valga meglio delle preghiere dei buoni, a mitigare l'ira di
Dio, ritardare le punizioni che egli è pronto ad applicare ai malvagi e a
placarne lo sdegno.
5 Le varie parti dell'orazione
361 Esposta la necessità e
l'utilità della preghiera cristiana, bisogna che il popolo fedele sappia anche
distinguere quante e quali parti si riscontrino in essa. Ciò riguarda il
compimento di questo dovere, come attesta l'Apostolo, che scrivendo a Timoteo
lo esorta a pregare piamente e santamente, enumerando diligentemente le parti dell'orazione.
"Ti scongiuro", egli dice, "di fare, prima d'ogni altra cosa,
suppliche, orazioni, domande, ringraziamenti per tutti gli uomini" (1 Tm
2,1). Essendo alquanto sottile la differenza di queste parti, i parroci, se
crederanno che giovi ai loro uditori, le spieghino, consultando tra gli altri
sant'Ilario e sant'Agostino.
Essendo due le parti
principali dell'orazione, la domanda e il ringraziamento, da cui, come dal
capo, derivano le altre, abbiamo creduto di non doverle tralasciare del tutto.
Infatti noi ci accostiamo a Dio dandogli onore e venerazione, o per chiedergli
qualche cosa, o per ringraziarlo dei benefici che continuamente ci largisce e
accresce nella sua benignità. Che l'una parte e l'altra dell'orazione siano
soprattutto necessarie, Dio lo disse per bocca di David, con le parole:
"Invocami nel tempo dell'afflizione; io ti libererò e tu mi onorerai"
(Sal 49,15). Quanto noi abbiamo bisogno della liberalità e bontà divina, chi
può ignorarlo, solo che consideri la somma povertà e miseria degli uomini?
Quanto poi la volontà di Dio
sia propensa al genere umano, quanto sia sparsa tra noi la sua benignità, lo
comprendono tutti quelli che hanno occhi e facoltà di pensare.
Dovunque volgiamo lo sguardo
o il pensiero, scorgiamo l'ammirabile luce della beneficenza e benignità di
Dio. Cos'hanno, infatti, gli uomini, che non sia derivato dalla divina
munificenza? E se ogni cosa è dono di lui e beneficio della sua bontà, quale
ragione c'è perché non debbano tutti, secondo le loro forze, celebrare con lodi
Iddio beneficentissimo e ricolmarlo di ringraziamenti?
6 Molte le categorie di coloro che pregano
362 Sono varie le maniere di
compiere questi due doveri, chiedere, cioè, qualcosa a Dio e ringraziarlo,
maniere che sono una più alta e perfetta dell'altra. Perché, dunque, il popolo
fedele non solo preghi, ma adempia anche nella maniera migliore all'obbligo
dell'orazione, i pastori esporranno la maniera di pregare più alta e perfetta e
l'esorteranno a essa con quanta maggiore diligenza potranno.
Ma qual è la forma di
preghiera migliore e più alta di tutte? Certo quella degli uomini pii e giusti
che, sorretti dalla fede più viva, per taluni gradi di santa orazione mentale,
giungono al punto di contemplare l'infinita potenza di Dio e la sua immensa
benignità e sapienza. Qui raggiungono anche quella sicurissima speranza di
ottenere tutto quello che chiedono nel presente e anche quella serie di
ineffabili beni che Dio promise di largire a quelli che implorano piamente e
con tutto l'animo l'aiuto divino.
L'anima, quasi come
trasportata in cielo da queste due ali, con ardente desiderio giunge fino a
Dio, al quale tributa ringraziamenti e lodi senza fine, perché da lui ha avuto
sommi benefici; quindi, con particolare amore e venerazione, espone, senza
esitare, come figlio unico al carissimo padre, ciò di cui ha bisogno. Questa
maniera di pregare e di manifestare con la parola i propri sentimenti è
descritta dalle Sacre Scritture. Dice infatti il Profeta: "Effondo la mia
orazione al tuo cospetto e innanzi a te depongo la mia afflizione" (Sal
141,3). Questa espressione significa che, chi viene a pregare, nulla tace,
nulla nasconde, ma tutto svela, fiduciosamente rifugiandosi nel grembo di Dio,
dilettissimo Padre.
A ciò ci esorta la divina
Scrittura con le parole: "Aprite alla sua presenza il vostro cuore"
(Sal 41,9); "Getta nel Signore il tuo affanno" (Sal 54,23). A tale
maniera di pregare allude sant'Agostino, allorché dice nell’Enchiridion che, quanto la fede crede,
la speranza e la carità lo trasformano in preghiera.
Altra categoria è di quelli
che, oppressi da mortali peccati, si sforzano, tuttavia, con quella fede che si
dice morta, di innalzarsi e salire a Dio; ma per le forze stremate e la gran
debolezza della fede, non possono risollevarsi da terra. Tuttavia, riconoscendo
i loro peccati e tormentati da rimorso e dolore per averli commessi, umilmente
e dimessamente, facendo penitenza, dall'abisso della loro abiezione implorano
da Dio perdono delle colpe e pace. La preghiera di costoro non è rigettata da
Dio, ma ascoltata e accolta, perché Dio misericordioso invita tali uomini con
la massima liberalità: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e
oppressi", egli dice, "e io vi ristorerò" (Mt 11,28).
Del loro numero fu appunto
quel pubblicano che, pur non osando alzare gli occhi al cielo, uscì tuttavia
dal tempio giustificato, a differenza del Fariseo (Lc 18,10).
V’è pure la categoria di
quelli che non hanno ancora avuto la luce della fede, ma, avendo la divina
benignità acceso il loro naturale lume intellettuale, sono ardentemente spinti
allo studio e al desiderio della verità e chiedono di essere in essa
ammaestrati con fervidissime preghiere. Quanto a costoro, se rimangono nella
loro intenzione, il loro desiderio non viene respinto dalla clemenza di Dio. Lo
vediamo dall'esempio del centurione Cornelio (At 10,2s). A nessuno, infatti,
che chieda con animo sincero sono chiuse le porte della divina benignità.
Ultima categoria è quella di
coloro che non solo non si pentono dei loro delitti e delle loro colpe, ma
accumulano colpa su colpa; eppure non si vergognano di chiedere spesso a Dio
perdono dei peccati nei quali vogliono perseverare. Quelli che si trovano in
tale condizione non dovrebbero chiedere neppure agli uomini di essere
perdonati. La loro orazione non è ascoltata da Dio, come sta scritto di
Antioco: "Pregava, questo malvagio, il Signore da cui non avrebbe ottenuto
misericordia" (2 Mac 9,13). Perciò bisogna esortare grandemente chi si
trova in questa misera condizione a rivolgersi veramente e sinceramente a Dio,
deponendo la volontà di peccare.
7
8 Bisogna chiedere il bene sommo e quanto a esso conduce
363 Si dirà a suo luogo quel
che si deve o no domandare nelle singole richieste; qui basterà ammonire i
fedeli in generale a chiedere a Dio ciò che è giusto e onesto, perché non siano
respinti, qualora domandino qualcosa di inopportuno, con il noto rimprovero:
"Non sapete quel che chiedete" (Mt 20,22). Si può chiedere tutto
quello che si può rettamente desiderare, come attestano le ricchissime promesse
del Signore: "Chiedete quanto vorrete e vi sarà concesso" (Gv 15,7).
Dio infatti promette di concedere tutto. Perciò dovremo conformare la nostra
prima aspirazione e il nostro primo desiderio a questa norma: che il sommo
ardore e il sommo desiderio nostro si avvicinino a Dio, sommo Bene. Quindi
dobbiamo desiderare ciò che più ci unisce a Dio; quanto, al contrario, ci
allontana da lui o ci apporta motivo di separazione, deve esulare da ogni
nostro desiderio e aspirazione.
Da qui è facile vedere in che
modo, e in rapporto a quel Bene sommo e perfetto, si debbano desiderare e
chiedere a Dio Padre tutti gli altri beni. Dal momento che questi cosiddetti
beni esterni del corpo, come la salute, la forza, la bellezza, la ricchezza, la
dignità, la gloria danno spesso incentivo e materia al peccato (e per questo
accade che spesso non si chiedano piamente e religiosamente), la loro richiesta
deve essere ristretta in questi confini: che cioè i comodi della vita vengano
chiesti solo in quanto necessari; questa maniera di pregare arriva a Dio.
È lecito infatti chiedere con
preghiere quel che chiesero Giacobbe e Salomone. Ecco la preghiera del primo:
"Se il Signore mi darà il pane per cibarmi e l'abito per coprirmi, sarà
per me come unico Dio" (Gn 28,20). E Salomone: "Dammi soltanto quel
che è necessario alla mia vita" (Prv 30,8). Quando poi la benignità di Dio
sopperisce al nostro vitto e mantenimento, è utile ricordarci dell'esortazione
dell'Apostolo: "Quelli che comprano siano come se non possedessero e
quelli che si servono di questo mondo siano come se non se ne servissero; passa
infatti la vana figura di questo mondo" (1 Cor 7,30.31). A detta del
Salmista: "Se vi abbondano ricchezze, non vi attaccate il cuore" (Sal
61,11). Di queste ricchezze solo il frutto e l'uso siano nostri in modo che il
godimento sia in comune con gli altri, come ci insegna Dio stesso.
Se stiamo bene in salute, se
abbondiamo degli altri beni esterni e corporali, ricordiamo che ci sono stati
dati affinché siamo più pronti nel servire Dio e sovveniamo largamente al
prossimo nelle sue necessità. I beni e le doti dell'ingegno, alla quale
categoria appartengono anche le arti e le scienze, li possiamo chiedere, ma
soltanto a condizione che ci giovino a maggior gloria di Dio e per la nostra
salvezza eterna. Si deve invece desiderare, cercare e chiedere, in generale e
senza limitazione o condizione, la gloria divina e quanto ci permetta di
congiungerci con il Bene sommo, come la fede, il timore e l'amore di Dio. Di
questo soggetto parleremo più a lungo nello spiegare le richieste da farsi
nella preghiera.
9 Bisogna supplicare Dio espressamente per tutti
364 Conosciuto quel che si
deve chiedere, bisogna insegnare al popolo fedele per chi si deve pregare. Non
si deve infatti dimenticare che l'orazione contiene una richiesta e un ringraziamento.
Qui noi parleremo, prima, della richiesta.
Bisogna dunque pregare per
tutti, senza eccezione alcuna dettata da inimicizie o da differenza di stirpe e
di religione, perché, chiunque sia, nemico, estraneo o infedele, è pur sempre
prossimo; e poiché dobbiamo amarlo per comando di Dio, ne consegue che bisogna
anche pregare per lui, essendo questo un obbligo di amore. A questo mira
appunto l'esortazione dell'Apostolo: "Vi scongiuro di pregare per tutti
gli uomini" (1 Tm 2,1). In questa orazione bisogna chiedere prima quel che
riguarda la salute dell'anima, poi quel che concerne la salute del corpo.
Dobbiamo rendere questo
tributo della preghiera prima d'ogni altro ai pastori delle anime, come siamo
ammoniti dall'Apostolo con il suo esempio. Egli infatti scrive ai Colossesi di
pregar per lui, perché Dio gli apra la porta della predicazione (Col 4,3); lo
stesso ripete scrivendo ai Tessalonicesi (1 Ts 5,25). Negli Atti degli Apostoli
si legge: "Dalla Chiesa si faceva continua orazione a Dio per Pietro"
(12,5). Siamo ammoniti a compier questo dovere anche nel libro di san Basilio Moralia; egli dice, infatti, che bisogna
pregare per quelli che somministrano la parola di verità.
Bisogna pregare in secondo
luogo per i governanti, secondo il comando del medesimo Apostolo (1 Tm 2,2).
Nessuno, infatti, ignora quanto pubblico bene derivi dall'avere governanti pii
e giusti; pertanto bisogna pregare Dio che siano tali, quali devono essere,
coloro che sono costituiti in dignità. Santi uomini mostrano con il loro esempio
che si deve pregare anche per le persone buone e pie. Anch'esse, infatti, hanno
bisogno delle preghiere altrui e questo per volere divino, affinché esse,
vedendo che han bisogno dei suffragi degli inferiori, non insuperbiscano.
Inoltre il Signore comanda di
pregare per quelli che ci perseguitano e ci calunniano (Mt 5,44).
Dalla testimonianza di
sant'Agostino risulta che deriva dagli Apostoli la consuetudine di fare
preghiere e voti per quelli che sono lontani dalla Chiesa, affinché risplenda
la fede agli infedeli e gli idolatri siano liberati dall'errore dell'empietà;
perché gli ebrei, vinta la caligine del loro animo, ricevano la luce della
verità; perché gli eretici tornati alla salute, siano ammaestrati nei precetti
della dottrina cattolica e gli scismatici, stretti dal nodo della vera carità,
si uniscano di nuovo in comunione con la santissima madre Chiesa da cui si
separarono. Quanta efficacia abbiano le preghiere fatte con tutto l'animo per
tali persone si vede dai moltissimi esempi di uomini d'ogni genere che Dio ogni
giorno strappa dal potere delle tenebre e porta nel regno del Figlio del suo
amore e di vasi d'ira fa vasi di misericordia. Che poi in ciò abbiano
grandissimo valore le suppliche dei buoni, non ne può dubitare chiunque pensi
rettamente.
Le preghiere che si fanno per
i morti, affinché siano liberati dal fuoco del Purgatorio, derivarono dalla
dottrina degli Apostoli; di esse abbiamo detto abbastanza nel parlare del
sacrificio della Messa.
A coloro, dei quali si dice
che peccano fino alla morte, si può arrecare difficilmente vantaggio con
preghiere e voti. Ma tuttavia è degno della pietà cristiana pregare per essi,
cercando di rendere loro mite Iddio con le proprie lagrime.
Le maledizioni, che i santi
rivolgono contro i peccatori, si sa che, secondo l'opinione dei Padri della
Chiesa, sono predizioni di quel che loro avverrà, oppure maledizioni dirette
contro il peccato, in modo che, salvi gli uomini, perisca il peccato.
10 Bisogna ringraziare Dio per tutti i suoi benefici
365 Nell'altra parte della
preghiera ringraziamo Dio, secondo le nostre possibilità, per i divini e
inesauribili benefici che ogni giorno accumula sul genere umano. Soprattutto
esercitiamo questo dovere di ringraziare Dio a causa di tutti i santi, nel cui
ufficio rendiamo speciali lodi a Dio per la vittoria e il trionfo che essi
riportarono, per sua benignità, su tutti i nemici interni ed esterni.
Ha codesta funzione la prima
parte della salutazione angelica, quando la usiamo come preghiera: "Ave, o
Maria, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta fra le
donne". Infatti, esaltiamo Dio con somme lodi e ringraziamenti, perché
adunò sulla santissima Vergine ogni pregio di doni celesti e ci congratuliamo
con la stessa Vergine per quella sua singolare felicità.
Giustamente, poi, la santa
Chiesa di Dio aggiunse a questo ringraziamento, anche la preghiera e
l'implorazione alla santissima Madre di Dio, implorazione con cui ci rivolgiamo
piamente e supplichevolmente a essa, affinché con la sua intercessione renda
benigno Dio a noi peccatori e ci ottenga i beni necessari per questa e per
l'eterna vita.
Perciò noi, esuli figli di
Eva che abitiamo in questa valle di lagrime, dobbiamo assiduamente invocare la
Madre della misericordia e l'Avvocata del popolo fedele, perché preghi per noi
peccatori. E dobbiamo implorare, con questa preghiera, soccorso e aiuto da
colei, della quale nessuno, che non sia empiamente malvagio, può dubitare che
siano eccelsi i meriti presso Dio e somma la volontà di giovare al genere
umano.
11 Bisogna pregare Dio Uno e Trino
366 Che si debba pregare Dio
e invocare il suo nome ce lo dice la stessa luce naturale nella mente umana e
non soltanto la Sacra Scrittura, in cui si può leggere il comando di Dio:
"Invocami nel giorno dell'afflizione" (Sal 49,15). E qui il termine
Dio vale per le tre divine Persone.
In secondo luogo, ricorriamo
all'aiuto dei santi che stanno in cielo e che anche a questi si debbano far
preghiere è così certo nella Chiesa di Dio che nessun dubbio ne possono
concepire i buoni; ma siccome questo argomento fu spiegato separatamente a suo
luogo (n. 303) rimandiamo là i parroci e tutti gli altri.
Per togliere di mezzo
l'errore degli inesperti, è dovere insegnare al popolo dei fedeli la differenza
tra l'una e l'altra maniera di invocare. Non imploriamo infatti nello stesso
modo Dio e i santi; Dio lo preghiamo di darci egli stesso i beni che chiediamo,
o di liberarci dai mali; ai santi, invece, poiché essi sono accetti a Dio,
chiediamo di prendere la nostra difesa e di ottenerci da Dio quello di cui abbiamo
bisogno. Perciò usiamo due formule differenti di preghiera. A Dio diciamo
giustamente: "Abbi pietà di noi; ascoltaci"; al santo, invece:
"Prega per noi". Tuttavia è concesso chiedere ai santi stessi di
usarci misericordia in altro senso: essi sono infatti sommamente
misericordiosi.
Pertanto possiamo pregarli
affinché, commossi dalla miseria della nostra condizione, ci aiutino con il
favore di cui godono presso Dio e con la loro intercessione. Qui tutti devono
guardarsi moltissimo dall'attribuire ad altri quello che è proprio di Dio;
anzi, quando uno pronuncia l'Orazione domenicale dinanzi all'immagine di un
santo, deve pensare che egli chiede al santo di pregare con lui e di chiedere
per lui quel che è richiesto nell'orazione divina, facendosi suo interprete e
avvocato alla presenza di Dio. Che i santi abbiano questo compito, l'ha
insegnato san Giovanni Apostolo nell’Apocalisse
(8,3).
12 Preparazione all'orazione
367 Sta scritto nelle divine
Scritture: "Prima dell'orazione prepara l'anima tua e non esser come un
uomo che tenta Dio" (Sir 18,23). Infatti tenta Dio chi agisce male pur
pregando bene, o quando, parlando con Dio, tiene l'animo lontano dalla
preghiera.
Perciò, essendo tanto
importante la disposizione con la quale ognuno fa le sue preghiere a Dio, i
parroci mostrino ai pii uditori le vie della preghiera.
La prima preparazione sarà,
dunque, avere un animo veramente umile e dimesso nel riconoscimento delle
proprie colpe. Dall'esame delle proprie colpe, chi s'avvicina a Dio deve
comprendere che non solo non è degno di chiedergli qualcosa, ma neppure di
venire a pregare al suo cospetto. Di questa preparazione spessissimo fanno
menzione le Sacre Scritture che dicono: "Guarda all'orazione degli umili e
non disprezza la loro preghiera" (Sal 101,18). "L'orazione di chi si
umilia andrà oltre le nubi" (Sir 35,21).
Ai pastori colti verranno in
mente innumerevoli passi consimili e perciò ci risparmieremo di ricordarne
inutilmente tanti altri. Soltanto non tralasceremo, neppure in questa parte,
due notissimi esempi, che altre volte citammo, adatti a quanto diciamo.
Notissimo è quello del
pubblicano che, stando da lungi, non osava alzar gli occhi da terra (Lc 18,13);
v'è anche l'esempio della donna peccatrice che, commossa da grave dolore, bagnò
di lagrime i piedi di Cristo nostro Signore (Lc 7,37s). L'uno e l'altro
mostrano quanto peso apporti all'orazione la cristiana umiltà.
Deve seguire un certo dolore
al ricordo delle colpe o, almeno, un certo dispiacere per non potersi dolere.
Se il penitente non prova l'uno e l'altro, o almeno quest'ultimo dolore, non
può ottenere perdono.
Certe colpe, però, quali
l'uccisione e gli atti di violenza, sono un ostacolo gravissimo per
l'accoglimento delle nostre preghiere; perciò bisogna ritrarre le mani dalla
crudeltà e dalla violenza. Di questo delitto così parla Dio per bocca di Isaia:
"Allorché stenderete le vostre mani, allontanerò i miei occhi da voi;
quando raddoppierete le orazioni, non le esaudirò, giacché le vostre mani sono
piene di sangue" (Is 1,15).
Si deve evitare l'ira e la
discordia, che pure grandemente impediscono che siano esaudite le preghiere;
dice infatti l'Apostolo: "Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo,
alzando le mani pure, senza ira e discordia" (1 Tm 2,8). Si badi inoltre a
non mostrarsi implacabili con nessuno nell'offesa, poiché, così turbati, non
potremmo con le preghiere indurre Dio a perdonarci. "Quando state
pregando", dice egli stesso, "se avete qualche cosa contro qualcuno,
perdonate" (Mc 11,25). "Se non perdonerete agli uomini, neppure il Padre
vostro perdonerà a voi le vostre colpe" (Mt 6,15).
Dobbiamo guardarci anche
dall'essere duri e disumani verso i bisognosi, poiché contro uomini siffatti è
stato detto: "Chi chiude il suo orecchio al grido del povero, quando
anch'egli griderà, non sarà esaudito" (Prv 21,13). E che dire della
superbia? Quanto essa offenda Dio, lo attestano le parole: "Dio resiste ai
superbi, ma concede favore agli umili" (Gc 4,6; 1 Pt 5,1). E che dire del
disprezzo della divina parola? Contro di esso sta il detto di Salomone:
"Chi volge i suoi orecchi per non ascoltare la Legge, la sua orazione sarà
esecrata" (Prv 28,9). Ciò non proibisce tuttavia la deplorazione per
l'ingiuria fatta, per l'uccisione, per la violenza e l'iracondia, per la
mancata liberalità verso i poveri, per la superbia, per il disprezzo della
parola divina, né infine per tutti gli altri delitti, qualora se ne chieda
perdono.
Per questa preparazione alla
preghiera è necessaria anche la fede dell'animo. Se essa manca, non si può aver
cognizione ne dell'onnipotenza del Padre, ne della sua misericordia, da cui
tuttavia deriva la fiducia di chi prega, come insegnò lo stesso Cristo nostro
Signore: "Quanto domanderete nell'orazione, credendo l'otterrete" (Mt
11,22).
Di questa fede così scrive
sant'Agostino: "Se manca la fede, l'orazione non ha valore" (Sermo, 115, 1). La condizione essenziale
per pregare convenientemente è dunque, come abbiamo detto, lo stare saldi nella
fede, come mostra l'Apostolo con quella domanda: "In qual modo
invocheranno colui al quale non credono? " (Rm 10,14).
Pertanto è necessario credere
perché possiamo pregare e non venga meno la fede stessa, con la quale preghiamo
fruttuosamente. E la fede, infatti, che ispira la preghiera e la preghiera fa
sì che, eliminato ogni dubbio, la fede sia stabile e salda.
Con questi pensieri
sant'Ignazio esortava coloro che vogliono avvicinarsi a Dio con la preghiera,
dicendo: "Non portare nell'orazione animo incerto. Felice chi non avrà
dubitato!" A ottenere quindi quel che vogliamo da Dio ci danno massimo
affidamento la fede e la sicura speranza di essere esauditi, come ammonisce san
Giacomo: "Chieda nella sua fede, senza affatto esitare" (1,6). Molte
sono le cose in cui noi dobbiamo aver fiducia nel compiere questo dovere
dell'orazione. La favorevole volontà di Dio e la sua benignità si possono
vedere da questo, che egli c'impone di chiamarlo "Padre", perché
comprendiamo che siamo suoi figli.
E poi quasi infinito il
numero di coloro che per noi lo supplicano. Primo è colui che sempre è pronto a
intercedere per noi, Cristo nostro Signore, di cui è detto in san Giovanni:
"Se alcuno ha peccato, abbiamo come avvocato presso il Padre Gesù Cristo
giusto; egli stesso è propiziazione per i nostri peccati" (1 Gv 2,1).
Parimenti l'Apostolo Paolo dice: "Gesù Cristo, che è morto ed è risorto,
siede alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,34). E così scrive a
Timoteo: "C'è un solo Dio, un solo mediatore fra Dio e gli uomini: l'uomo
Cristo Gesù" (1 Tm 2,5) e agli Ebrei: "Cristo dovette rendersi simile
in tutto ai fratelli, per essere misericordioso e fedele sacerdote al cospetto
di Dio" (Eb 2,17).
Perciò, anche se siamo
indegni di ottenere, dobbiamo grandemente sperare e confidare che, per
l'autorità del nostro ottimo mediatore e patrocinatore Gesù Cristo, Dio ci concederà
quello che rettamente gli avremo chiesto per mezzo di lui.
Inoltre, ispiratore della
nostra preghiera è lo Spirito Santo, sotto la guida del quale le nostre
preghiere necessariamente sono ascoltate. "Abbiamo infatti ricevuto lo
Spirito d'adozione dei figli di Dio, in virtù del quale gridiamo: Abbà,
Padre" (Rm 8,15). Questo Spirito aiuta la nostra debolezza e la nostra
inesperienza nel dovere dell'orazione; anzi, egli stesso chiede per noi con
gemiti inenarrabili (Rm 8,26). Se alcuni oscillano e non si credono abbastanza
saldi nella fede, usino quella invocazione degli Apostoli: "Signore,
accresci in noi la fede" (Lc 17,5) e l'altra di quel padre, nel Vangelo:
"Aiuta la mia incredulità" (Mc 9,23).
Se saremo pieni di fede e di
speranza, otterremo da Dio quel che desideriamo, soprattutto quando
conformeremo alla sua Legge la volontà e ogni nostra intenzione, azione e
orazione: "Se rimanete in me", egli dice, "e rimangono in voi le
mie parole, chiederete quanto vorrete e vi sarà concesso" (Gv 15,7). Però,
per poter chiedere ogni cosa a Dio, è necessario far precedere, come già
abbiamo detto, la dimenticanza delle offese, la benevolenza e l'aiuto benefico
verso il prossimo.
13 L'orazione, se non è fatta come si deve, non giova
368 Soprattutto importa il
modo con cui diciamo le preghiere, poiché, sebbene la preghiera sia un mezzo di
salvezza, tuttavia, se non è fatta convenientemente, non giova affatto. Spesso
non otteniamo quel che chiediamo, come dice san Giacomo, perché chiediamo male
(4,3). Dunque i parroci insegnino al popolo fedele la maniera migliore per ben
chiedere e ben pregare in pubblico e in privato, precetti questi, intorno
all'orazione cristiana, che ci furon trasmessi dall'insegnamento di Cristo
nostro Signore.
Bisogna dunque pregare in
spirito e verità, poiché il Padre celeste ricerca chi lo adori in spirito e
verità (Gv 4,23). E prega in questo modo chi manifesta un intimo e ardente
desiderio dell'animo. Da tale maniera di pregare, tutta spirituale, non
escludiamo la preghiera vocale, ma crediamo che, giustamente, si debba dare la
palma a quella che viene da un'anima ardente; essa è udita da Dio, cui sono
aperti gli occulti pensieri dell'anima, anche se non sia proferita a parole.
Ascoltò così le interne preghiere di Anna, madre di Samuele che, piangendo,
pregava e muoveva appena le labbra (1 Sam 1,10.13.27). Pregò in questa maniera
David, là dove dice: "II mio cuore ti parla, il mio sguardo ti cerca"
(Sal 26,8). Simili esempi cadono a ogni passo innanzi agli occhi di chi legge
le Sacre Scritture.
Anche l'orazione vocale ha la
sua utilità e necessità, perché accende il desiderio dell'animo e infiamma la
fede di chi prega. In proposito così scrisse sant'Agostino a Proba:
"Talvolta ci eccitiamo più efficacemente con parole e altre manifestazioni,
atte ad accrescere il santo desiderio". Talvolta invece siamo costretti
dall'ardente desiderio dell'animo e della pietà a manifestare con parole i!
nostro sentimento; perché, quando l'animo esulta di letizia, conviene che anche
la lingua esulti. In realtà conviene che facciamo il duplice sacrificio,
dell'anima e del corpo. E che questa fosse la maniera di pregare degli Apostoli
lo rileviamo da molti passi degli Atti e di san Paolo (At 11,5; 16,25; 1 Cor
14,15; Ef 5,19; Col 3,16).
Ma poiché esistono due forme
di preghiera, cioè privata e pubblica, nell'orazione privata la parola può
aiutare l'intimo ardore e l'interna pietà; nell'orazione pubblica, istituita
per ravvivare la religiosità del popolo fedele in determinate circostanze, non
si può in nessun modo fare a meno dell'ufficio della lingua.
Questa consuetudine di
pregare in spirito, propria dei cristiani, non è affatto coltivata dagli
infedeli, dei quali Cristo nostro Signore così dice: "Pregando, non usate
tante parole come i pagani, che pensano di esser esauditi con il lungo parlare.
Non fate come loro, perché il Padre vostro sa, prima che gliele domandiate, di
quali cose avete bisogno" (Mt 6,7).
Proibendo la loquacità è però
lontano dal condannare le lunghe preghiere che derivano da un veemente e
continuo ardore dell'animo. Anche con il suo esempio ci esorta a questo modo di
pregare, giacché egli non solo passava le notti in orazione (Lc 6,12), ma
ripetè anche tre volte la medesima preghiera (Mt 26,41s.44). Si deve tener
presente soltanto che non si prega Dio con il vuoto suono delle parole.
Né pregano con l'animo gli
ipocriti, dal vizio dei quali Cristo nostro Signore ci distoglie con queste
parole: "Allorché pregate, non fate come gli ipocriti, che amano stare a
pregare nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere osservati dagli
uomini. In verità vi dico, essi hanno già ricevuto la loro ricompensa. Ma tu,
quando preghi, entra nella tua camera e, chiuso l'uscio, prega il tuo Padre in
segreto e il Padre tuo, che vede in segreto, te ne renderà la ricompensa"
(Mt 6,5). Per camera si può intendere anche il cuore umano, in cui non basta
entrare, ma bisogna anche chiudervisi, perché dal di fuori non irrompa e
influisca sull'anima qualcosa, da cui sia turbata la purezza della preghiera.
Allora infatti il Padre celeste, che vede soprattutto le intenzioni e gli
occulti pensieri di tutti, acconsente alla richiesta di chi prega.
L'orazione richiede anche
assiduità: il suo valore ce lo mostra il Figlio di Dio con l'esempio di quel
giudice che, non temendo Dio, ne avendo riguardo a uomo, vinto dall'assiduità e
insistenza della vedova, acconsentì alla sua richiesta (Lc 18,2). Bisogna far
assidua preghiera a Dio, né si devono imitare quelli che, pregando una volta o
due, se non ottengono quel che chiedono, smettono di pregare. Non ci sia
rilassatezza nel compiere questo dovere, come insegna l'autorità di Cristo
nostro Signore (Lc 18,1) e dell'Apostolo (1 Ts 5,17). Se talvolta viene meno la
volontà, dobbiamo chiedere a Dio la forza di perseverare.
14 Bisogna pregare nel nome di Cristo
369 II Figlio di Dio vuole
che la nostra orazione giunga al Padre in nome suo; così essa, per il merito e
l'intercessione di tanto patrocinatore, acquista tale valore che è udita dal
Padre celeste. È sua infatti l'espressione del Vangelo di san Giovanni:
"In verità, in verità vi dico: quanto domanderete al Padre in nome mio,
egli ve lo concederà. Finora non chiedeste niente in mio nome: chiedete e
otterrete, affinché la vostra gioia sia piena" (16,23.24); e di nuovo:
"Qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, io la farò"
(14,13).
Imitiamo l'ardente desiderio
che i santi manifestavano nel pregare. Uniamo poi i ringraziamenti alle
preghiere, seguendo l'esempio degli Apostoli, che sempre conservarono questa
consuetudine, come si può vedere in san Paolo (1 Cor 1,4; Ef 1,16; 5,19s).
All'orazione, poi,
aggiungiamo il digiuno e l'elemosina. Il digiuno è strettamente associato
all'orazione, perché la mente di chi è ripieno di cibo e di bevande è oppressa
in modo tale che non può ne contemplare Dio, ne capire che cosa sia l'orazione.
Segue l'elemosina, che pure
ha grande affinità con l'orazione. Chi infatti pur avendo la possibilità di
beneficare colui che vive della pietà altrui, tuttavia non soccorre il fratello
e il prossimo, potrebbe osare di chiamarsi caritatevole? Con quali parole potrà
implorare l'aiuto di Dio l'uomo non caritatevole? Chieda prima perdono del suo
peccato e nello stesso tempo domandi a Dio supplichevolmente la carità.
Volle Dio che con questo
triplice rimedio si potesse aiutare la salvezza eterna degli uomini; infatti,
poiché peccando offendiamo Iddio, o danneggiamo il prossimo, o offendiamo noi
stessi, con la preghiera possiamo placarlo, con l'elemosina riscattiamo le
offese fatte agli uomini, con il digiuno togliamo via le sozzure della nostra
vita. E quantunque ognuno di questi mezzi giovi per ogni sorta di colpe,
tuttavia ognuno di essi è proporzionato e adattato propriamente a ciascuno di
quei peccati che abbiamo nominati.
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