Articolo 6
SALÌ AL CIELO, SIEDE ALLA
DESTRA DI DIO PADRE ONNIPOTENTE
Significato dell'articolo
81 II Profeta David,
contemplando ripieno dello spirito di Dio la beata e gloriosa ascensione del
Signore, esorta tutti a celebrare con grande letizia e gaudio un tale trionfo,
con queste parole: "Popoli tutti, battete le mani, giubilate a Dio con
canto di trionfo: è asceso Iddio in mezzo al tripudio" (Sal 46,2.6).
Intenderà da ciò il parroco il dovere di spiegare con il massimo impegno questo
mistero e di curare con diligenza che i fedeli non solo lo apprendano con la
fede dell'intelletto, ma si sforzino con l'aiuto di Dio di esprimerlo nelle
opere della vita. Quanto alla spiegazione di questo sesto articolo, in cui
principalmente si tratta di questo divino mistero, è bene cominciare dalla
prima parte ed enuclearne il significato.
1 Cristo è asceso in cielo per sua virtù come Dio e come uomo
82 ASCESE AL CIELO. I fedeli
devono fermamente credere che Cristo, compiuto il mistero della nostra
redenzione, ascese al cielo, in corpo e anima come uomo, mentre, in quanto Dio,
non ne fu mai assente, poiché riempie ogni luogo della sua divinità. Il parroco
insegnerà come egli ascese per virtù propria, non elevato per forza altrui,
come Elia che fu tratto in cielo da un carro di fuoco (2 Re 2,11), o il Profeta
Abacuc (Dn 14,35), o il diacono Filippo
(At 8,39) che, portati nell'aria per divina virtù, trasvolarono notevoli
distanze. E lo fece per virtù propria non solo come Dio, per l'onnipotente
virtù della sua divinità, ma anche come uomo. Poiché sebbene tale cosa non
potesse compiersi con le forze naturali, pure la virtù, di cui era dotata
l'anima beata di Cristo, potè muovere il corpo come le piacque; e questo, che
già era glorificato, potè facilmente ubbidire all'impero dell'anima che lo
muoveva. Questa è la ragione per cui crediamo che Cristo, come Dio e come uomo,
è asceso al cielo per sua virtù.
2 Che significa "sedere alla destra del Padre"
83 SIEDE ALLA DESTRA DEL
PADRE. Queste parole si trovano nella seconda parte dell'articolo e sarà
opportuno far notare che abbiamo qui una metafora, frequente nella Sacra
Scrittura per cui, indulgendo alla struttura del nostro intelletto, attribuiamo
a Dio affetti e membra umane, mentre, essendo puro spirito, non si può concepire
in lui nulla di corporeo. Ora, poiché tra gli uomini stimiamo che si debba
tributare maggior onore a chi sta alla destra, noi applichiamo la stessa idea
alle cose celesti e, per spiegare la gloria che Cristo come uomo si è
guadagnata sopra tutti gli uomini, diciamo che siede alla destra del Padre. Ma
qui sedere non significa il luogo o la posizione del corpo, ma il fermo e
stabile possesso di quella suprema e regale potestà e gloria che ha ricevuto
dal Padre. Dice l'Apostolo: "Risuscitandolo da morte e collocandolo alla
sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato, potestà, virtù,
dominazione e sopra qualunque nome, che sia pronunziato non solo in questo
secolo ma anche nel futuro, tutto pose sotto i piedi di lui" (Ef 1,20-22).
Appare da queste parole che
questa gloria è così propria e peculiare di Cristo che non può convenire a
nessun'altra natura creata, come il medesimo Apostolo attesta in altro luogo:
"A quale degli angeli disse egli mai: "Siedi alla mia
destra"?" (Eb 1,13).
3 Tutti i misteri della vita di Cristo si riferiscono all'Ascensione
84 II parroco spiegherà più a
lungo il senso dell'articolo, narrando la storia dell'ascensione, che
l'Evangelista san Luca ha con ordine mirabile descritto negli Atti degli
Apostoli (1,2-12). E qui occorrerà soprattutto osservare che tutti gli altri
misteri si riferiscono all'ascensione e in essa trovano la perfezione e il
compimento. Infatti come l'incarnazione del Signore è l'inizio di tutti i
misteri della nostra religione, così l'ascensione chiude la sua peregrinazione
quaggiù. Di più, gli altri articoli del Simbolo che si riferiscono a Cristo
nostro Signore mostrano la sua immensa bontà e abbassamento, nulla potendosi
pensare di più deprimente e umiliante di questo: che il Figlio di Dio abbia
assunto la natura e debolezza umana e abbia voluto patire e morire per noi.
Confessando invece nell'articolo precedente che egli è risorto da morte e, in
questo, che è asceso al cielo e siede alla destra del Padre, non possiamo
affermare nulla di più grandioso e ammirabile per descrivere la sua gloria
eccelsa e la sua divina maestà.
4 Cause dell'Ascensione
85 Bisognerà spiegare con
cura per qual motivo Cristo nostro Signore è asceso al cielo. Anzitutto perché
al suo corpo, ornato nella risurrezione dalla gloria dell'immortalità,
conveniva non già il soggiorno di questa oscura abitazione terrena, ma
l'altissimo e splendido domicilio del cielo. E ciò non solo per insediarsi nel
soglio regale di gloria, acquistato con il sangue, ma anche per curare la
nostra salvezza. Secondo, per mostrar di fatto che il suo regno non è di questo
mondo (Gv 18,36). I regni del mondo sono terreni e labili; si basano sulla
copia delle ricchezze e la potenza del braccio; invece il regno di Cristo non è
terreno, quale se l'aspettavano i Giudei, ma spirituale ed eterno. Cristo
stesso ha mostrato che sono spirituali i suoi beni e tesori, collocando in
cielo la sua sede, dove sono da stimarsi più ricchi e più forniti di beni
quelli che con più diligenza cercano le cose di Dio. San Giacomo infatti
attesta che Dio ha eletto i poveri in questo mondo, per farli ricchi di fede ed
eredi del regno promesso da Dio a coloro che lo amano (Gc 2,5). Terzo, perché
con lo spirito e con il desiderio lo seguissimo nella sua ascensione. Come
infatti con la sua morte e risurrezione ci aveva lasciato un modello di morte e
risurrezione spirituale, così con l'ascensione ci insegna a levarci con il
pensiero nel cielo, pur restando sulla terra, confessando che noi siamo quaggiù
ospiti e pellegrini in cerca della patria (Eb 11,13), ma già concittadini dei
santi e familiari di Dio (Ef 2,19); giacché, come dice ancora il medesimo
Apostolo: "La nostra patria è nei cieli" (Fil 3,20).
5 Benefici dell'Ascensione
86 II Profeta David molto
tempo prima, secondo l'Apostolo, aveva cantato l'efficacia e la grandezza dei
beni ineffabili che la benignità di Dio ha effuso in noi: "Asceso in alto,
ne menò schiava la schiavitù; distribuì doni agli uomini" (Sal 67,19; Ef
4,8). Il decimo giorno infatti (dopo l'ascensione) mandò lo Spirito Santo, la
cui feconda virtù riempì tutta la moltitudine presente di fedeli, attuando la
magnifica promessa: "È meglio per voi che io me ne vada; perché se io non
vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando sarò andato, ve lo
manderò" (Gv 16,7). Ascese al cielo, secondo il detto dell'Apostolo, anche
per comparire dinanzi a Dio a nostro vantaggio e fungere da nostro avvocato
presso il Padre (Eb 9,24). "Figlioli miei" dice san Giovanni
"scrivo a voi queste cose affinché non pecchiate; ma se alcuno avrà peccato,
abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto; egli è
propiziazione per i nostri peccati" (1 Gv 2,1). Ne v'è certo fonte alcuna,
da cui i fedeli abbiano ad attingere maggiore letizia e giocondità di animo,
quanto dal saper costituito patrono della nostra causa e intercessore della
nostra salvezza nostro Signore Gesù Cristo, che gode presso l'eterno Padre di
somma grazia e autorità.
Finalmente Cristo ci ha
preparato nel cielo un posto, come aveva promesso (Gv 14,2) e, a nome di noi
tutti, egli, come capo, è venuto in possesso della gloria celeste. Entrando nel
cielo ci ha aperto le porte che il peccato di Adamo aveva chiuse e ci ha
spianato la via per arrivare alla beatitudine celeste, come aveva predetto ai
discepoli nell'ultima cena. Appunto per mostrarlo apertamente con il fatto,
introdusse con sé nella casa della beatitudine eterna le anime dei buoni, che
aveva strappate dagli inferi.
A questa mirabile copia di
doni celesti è seguita una salutare serie di vantaggi. Anzitutto si è molto accresciuto
il merito della nostra fede. Infatti la fede si riferisce alle cose invisibili
e remote dalla ragione e dall'intelligenza dell'uomo. Ora se il Signore non si
fosse allontanato da noi, il merito della nostra fede rimarrebbe diminuito,
poiché Cristo stesso chiama beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto
(Gv 20,29).
Secondo, l'ascensione di
Cristo al cielo è adattissima a confermare nei nostri cuori la speranza, poiché
come professiamo che Cristo uomo è asceso al cielo e ha collocato la natura
umana alla destra del Padre, così vivamente speriamo di ascendere colà anche
noi sue membra, per ricongiungerci con il nostro Capo. Il Signore medesimo lo
ha attestato con le parole: "Padre, io voglio che quelli i quali mi hai
dato siano essi pure con me, dove sono io" (Gv 17,24).
Terzo notevolissimo beneficio
da noi conseguito si è l'aver rapito verso il cielo il nostro amore,
infiammandoci di ardore divino. E stato detto con somma verità che il nostro
cuore è là dov'è il nostro tesoro (Mt 6,21). Certo, se Cristo nostro Signore
dimorasse qui in terra, tutta la nostra mente sarebbe intenta nella visione e
nella familiarità di lui uomo; lo ammireremmo solo come l'uomo che ci ha tanto
beneficato e lo ameremmo di un amore terreno. Invece salendo al cielo egli ha
reso spirituale il nostro amore e ha fatto sì che veneriamo e amiamo come Dio
colui che ora pensiamo assente. Ciò s'intende meglio, sia con l'esempio degli
Apostoli che, finché il Signore fu presente, sembravano giudicarlo con criteri
umani; sia con la parola stessa del Signore che disse: "È meglio per voi
che me ne vada". Infatti l'amore imperfetto con cui amavano Cristo
presente doveva perfezionarsi con l'amore divino mediante la discesa dello
Spirito Santo; perciò aggiunse subito: "Se io non vado, non verrà a voi il
Consolatore" (Gv 16,7).
Quarto, dopo l'ascensione il
Signore ha ampliato la sua dimora terrena, cioè la Chiesa, che è governata
sotto la virtù e la guida dello Spirito Santo. A essa lasciò, come Pastore
universale tra gli uomini e come supremo gerarca, Pietro, principe degli
Apostoli; altri costituì Apostoli, altri Profeti, Evangelisti, Pastori e
Dottori (Ef 4,11). Sedendo ora alla destra del Padre, distribuisce sempre a
questi e a quelli doni diversi; perché, attesta l'Apostolo, a ciascuno di noi è
data la grazia secondo la misura del dono di Cristo (Ef 4,7).
Da ultimo, quel che abbiamo
insegnato sopra sul mistero della morte e risurrezione devono i fedeli pensarlo
anche dell'ascensione. Perché sebbene noi dobbiamo la nostra salute e redenzione
alla passione di Cristo, che con i suoi meriti ha aperto ai giusti la via dal
cielo, tuttavia la sua ascensione non ci è proposta solo come un modello, che
ci insegna a guardare in alto e ad ascendere in cielo con lo spirito, ma ci ha
pure procacciato la forza divina per farlo.
Articolo 7
DI LÀ HA DA VENIRE A
GIUDICARE I VIVI E I MORTI
Significato dell'articolo
87 Tre sono gli insigni
compiti di nostro Signore Gesù Cristo, diretti ad abbellire e illustrare la sua
Chiesa: egli è redentore, patrono e giudice. Abbiamo veduto negli articoli
precedenti come egli abbia con la sua passione e morte redento il genere umano
e con l'ascensione in cielo abbia preso a patrocinare la nostra causa in
perpetuo. Resta ora da considerarlo come giudice in questo articolo, il quale
significa che Cristo nostro Signore nell'ultimo giorno giudicherà tutto il
genere umano.
6 La duplice venuta di Cristo
88 La Sacra Scrittura
menziona due venute del Figlio di Dio: l'una, quando assunse l'umana natura per
la nostra salvezza, facendosi uomo nel seno della Vergine; l'altra, quando alla
fine dei secoli, verrà a giudicare tutti gli uomini. Questa seconda venuta
nella Scrittura è chiamata "giorno del Signore". Di essa l'Apostolo
dice: "II dì del Signore verrà come il ladro notturno" (1 Ts 5,2); e
il Salvatore stesso: "Quanto poi a quel giorno e quell'ora, nessuno lo
sa" (Mt 24,36).
Per la realtà del supremo
giudizio basti quel passo dell'Apostolo: "È necessario per tutti noi
comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno ne riporti quel che
è dovuto al corpo, secondo che ha fatto il bene o il male" (2 Cor 5,10).
La Sacra Scrittura è piena di passi, che i parroci incontreranno a ogni pagina,
assai opportuni non solo a confermare detta verità, ma anche a metterla sotto
gli occhi dei fedeli. Osserveranno che come dal principio del mondo fu sempre
nel massimo desiderio di tutti il giorno in cui il Signore rivestì l'umana
carne e riposero in esso la speranza della liberazione, così, dopo la morte e
ascensione del Figlio di Dio, dobbiamo desiderare ardentemente quel secondo
giorno del Signore, aspettando quella beata speranza e l'apparizione della
gloria del grande Dio (Tt 2,13).
7
8 Il duplice giudizio: "particolare" e "generale"
89 Per amor di chiarezza i
parroci distingueranno bene le due epoche, nelle quali ciascuno deve comparire
innanzi al Signore per rendere ragione di tutti e singoli i pensieri, le opere,
le parole e sentire poi l'immediata sentenza del giudice. La prima viene quando
muore ciascuno di noi: subito l'anima si presenta al tribunale di Dio, ove si
fa giustissimo esame di quanto ha operato, detto o pensato e questo si chiama
"giudizio particolare". La seconda verrà quando tutti gli uomini
saranno riuniti insieme in un giorno e in un luogo stabilito innanzi al tribunale
del Giudice, affinché tutti e singoli, spettatori e ascoltatori, gli uomini di
tutti i secoli sappiano la propria sentenza. Il verdetto non sarà, per gli empi
e scellerati, la minore delle pene, mentre i pii e i giusti ne trarranno grande
premio e frutto, poiché sarà manifesto come ciascuno si è diportato in questa
vita. E questo si chiama il "giudizio universale".
9 Necessità del giudizio universale
90 E necessario spiegare
perché, oltre al giudizio privato dei singoli, si farà anche quello universale.
Primo, avviene spesso che sopravvivano ai defunti dei figlioli, imitatori dei
genitori, o dei discepoli, fedeli nell'amarne e propugnarne gli esempi, le
parole e le azioni; il che necessariamente fa aumentare il premio o la pena dei
defunti medesimi. Ora, poiché tale vantaggio o danno di valore sociale, non
cesserà prima della fine del mondo, è giusto che di tutta questa partita di
parole e di opere fatte bene o male, si faccia una completa disamina,
impossibile a farsi senza il giudizio universale. Secondo, poiché la fama dei
buoni è spesso lesa, mentre gli empi vengono esaltati come innocenti, la
giustizia di Dio vuole che i primi ricuperino innanzi all'assemblea di tutti
gli uomini la stima, ingiustamente loro tolta. Terzo, poiché gli uomini, buoni
o cattivi, hanno compiuto nella vita le loro azioni con il loro corpo, ne segue
che le azioni buone o cattive spettino anche ai corpi, che ne furono lo
strumento. E giusto dunque dare ai corpi, insieme con le rispettive anime, il
dovuto premio di eterna gloria o il castigo: ciò che non si può fare senza la
risurrezione degli uomini e il giudizio universale.
Quarto, bisognava mostrare
finalmente che nei casi prosperi o avversi, i quali capitano talora
promiscuamente agli uomini buoni e cattivi, nulla avviene fuori della infinita
sapienza e giustizia di Dio. Quindi è necessario non solo stabilire premi per i
buoni e castighi per i cattivi nella vita futura, ma anche applicarli in un
giudizio pubblico e generale, affinché riescano più notori ed evidenti e così
si lodi da tutti Dio per la sua giustizia e provvidenza, in compenso
dell'ingiusto lamento che persone anche sante talora fanno come uomini, vedendo
gli empi pieni di ricchezza e colmi di onori.
Il Profeta infatti dice:
"Mancò poco non vacillassero i miei piedi; mancò un nulla non
sdrucciolassero i miei passi, quando mi adirai per i prepotenti, nel vedere la
prosperità degli empi". E poco più oltre: "Ecco come gli empi sono
tranquilli e crescono sempre in potenza! Io dunque indarno purificai il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani! Ed eccomi tutto il giorno battuto e
ogni mattina mi si rinnova il tormento" (Sal 72,2.3, 12-14). E questo il
lamento di molti. Era necessario pertanto che si indicesse un giudizio
universale, affinché gli uomini non dicessero che Dio, passeggiando sulla volta
del cielo, non si cura delle cose terrene (Gb 22,14).
A buon diritto quindi questa
formula di verità fu inclusa nei dodici articoli della fede cristiana, affinché
gli animi di coloro che dubitano della provvidenza e giustizia di Dio vengano
sostenuti dall'efficacia di questa dottrina.
Quinto, bisognava che la
prospettiva di questo giudizio rallegrasse i buoni e atterrisse i cattivi,
affinché, conoscendo la giustizia di Dio, quelli non si scoraggino e questi
rinsaviscano nel timore e nell'attesa dell'eterno supplizio. Perciò il Signore
e Salvatore nostro, parlando dell'ultimo giorno, dichiarò che vi sarebbe stato
un giudizio universale e ne descrisse i segni precursori (Mt 24,29s), affinché
vedendoli apparire intendessimo essere imminente la fine del mondo. Quindi,
salito al cielo, mandò degli angeli a consolare gli Apostoli piangenti per la
sua assenza, con queste parole: "Quel Gesù che è stato assunto qui da voi
al cielo, verrà precisamente nella stessa maniera in cui lo avete visto andare
al cielo" (A( 1,11).
10 Cristo è stato costituito giudice anche come uomo
91 La Sacra Scrittura mostra
che a Cristo nostro Signore non solo come Dio, ma anche come uomo, è stato
affidato questo giudizio. Infatti sebbene la potestà di giudicare sia comune a
tutte le tre Persone della santissima Trinità, pure la si attribuisce
particolarmente al Figlio, così come gli si attribuisce la sapienza. Che poi,
come uomo debba giudicare il mondo, è confermato dalla parola del Signore:
"Come il Padre ha la vita in sé, così diede pure al Figlio l'avere in se
stesso la vita. E gli ha dato il potere di fare il giudizio, perché è Figlio
d'uomo" (Gv 5,26).
Era poi oltremodo conveniente
che tale giudizio fosse presieduto da Cristo nostro Signore; perché, trattandosi
di giudicare gli uomini, questi potessero con i loro occhi corporei mirare il
Giudice, ascoltare con le proprie orecchie la sentenza proferita, percepire
insomma con i sensi tutto intero il giudizio. Era ancora giustissimo che l'Uomo
che fu condannato dalla più iniqua sentenza umana, fosse visto da tutti sul
seggio di giudice. Perciò il principe degli Apostoli, dopo avere esposto, nella
casa di Cornelio, per sommi capi la religione cristiana, e aver insegnato che
Cristo, appeso e ucciso sulla croce dai giudei, era risorto a vita il terzo
giorno, soggiunse: "Ci ha comandato di predicare al popolo e attestare
come da Dio egli è stato costituito giudice dei vivi e dei morti" (At
10,42).
11 Segni che precederanno il giudizio
92 Sono tre i segni
principali che, secondo le Sacre Scritture, precederanno il giudizio: la
predicazione del Vangelo per l'universo mondo, l'apostasia e l'Anticristo. Dice
infatti il Signore: "S'annunzierà questo Vangelo del regno in tutta la
terra, per testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine" (Mt
24,14); e l'Apostolo ci ammonisce di non farci sedurre circa l'imminenza del
giorno del Signore: "Se prima non sia seguita la ribellione e non si sia
manifestato l'uomo del peccato, non avverrà il giudizio" (2 Ts 2,3).
12 Premio dei buoni
93 Quanto alla forma e alla
natura del giudizio, il parroco potrà agevolmente conoscerla, sia dalle
profezie di Daniele (Dn 7,9ss), sia dall'insegnamento dei Vangeli (Mt 24, 25;
Mc 13) e dell'Apostolo (Rm 2). Ma qui si dovrà con grande diligenza meditare la
sentenza del Giudice. Cristo Salvatore nostro, guardando con lieto volto i
giusti collocati alla sua destra, pronuncerà la loro sentenza con somma
benignità: "Venite, benedetti dal Padre mio, possedete il regno preparato
a voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34). Non ci sono parole più
gioconde di queste: e ben lo intenderà chi le porrà a paragone con la condanna
degli empi. Con esse gli uomini giusti e pii sono chiamati dalle fatiche al
riposo, da questa valle di lacrime al sommo gaudio, dalle miserie alla
beatitudine sempiterna, meritata con le opere di carità.
13 Condanna degli empi
94 Rivolto poi a quelli che
staranno alla sua sinistra, fulminerà contro di essi la sua giustizia con
queste parole: "Via da me, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il
diavolo e i suoi angeli" (Mt 25,41 ). Con le prime, "Via da me",
viene espressa la maggiore delle pene che colpirà gli empi, con l'essere
cacciati il più possibile lungi dal cospetto di Dio, ne li potrà consolare la
speranza che un giorno potranno fruire di tanto bene. Questa è dai teologi
chiamata "pena del danno", per la quale gli empi saranno privati per
sempre, nell'inferno, della luce della visione divina. L'altra parola,
"maledetti", aumenterà sensibilmente la loro miseria e calamità. Se
mentre son cacciati dalla presenza di Dio fossero stimati degni almeno di
qualche benedizione, questo tornerebbe a grande loro sollievo; ma poiché nulla
di simile potranno aspettarsi, che allevi la loro disgrazia, la divina
giustizia, cacciandoli giustamente, li colpisce con ogni sua maledizione.
Seguono poi le parole:
"al fuoco eterno"; è il secondo genere di pena che i teologi chiamano
"pena del senso", perché si percepisce con i sensi del corpo, come
avviene dei flagelli, delle battiture o di altro più grave supplizio, tra i
quali non è a dubitare che il tormento del fuoco provochi il più acuto dolore
sensibile. Aggiungendo a tanto male la durata perpetua, se ne deduce che la
pena dei dannati rappresenta il colmo di tutti i supplizi. Ciò è meglio spiegato
dalle parole che terminano la sentenza: "preparato per il diavolo e per i
suoi angeli". Siccome la nostra natura è tale che noi più facilmente
sopportiamo le nostre molestie, se abbiamo come socio delle nostre disgrazie
qualcuno, la cui prudenza e gentilezza ci possano in qualche modo giovare,
quale non sarà la miseria dei dannati, cui non sarà mai concesso, in tanti
tormenti, separarsi dalla compagnia dei perdutissimi demoni. Tale sentenza
giustamente il Signore e Salvatore nostro emanerà contro gli empi, perché
questi hanno trascurato tutte le opere di vera pietà: non hanno offerto cibo
all'affamato e bevanda all'assetato; non hanno alloggiato l'ospite, vestito
l'ignudo, visitato l'infermo e il carcerato.
14 Conviene parlare spesso del giudizio
95 Tutto questo i pastori
devono frequentemente inculcare al popolo fedele, perché la verità di questo
articolo, concepita con viva fede, ha un'efficacia immensa a frenare le prave
cupidigie dell'animo e allontanare gli uomini dal peccato. Perciò nel Siracide
è detto: "In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai
nel peccato" (Sir 7,40). È ben difficile infatti che uno sia così proclive
al peccato, da non sentirsi richiamato al dovere dal pensiero che un giorno
dovrà rendere ragione innanzi al giustissimo Giudice non solo delle opere e
delle parole, ma anche dei pensieri più occulti, e pagare la pena dei suoi
demeriti. Mentre il giusto verrà sempre più spronato a praticare la virtù e
proverà letizia grande, anche in mezzo alla povertà, all'infamia e ai dolori,
pensando a quel giorno nel quale, dopo le lotte di questa vita d'angosce, sarà
dichiarato vincitore davanti a tutti gli uomini e, entrato nella patria
celeste, vi riceverà onori divini ed eterni. Quel che importa, dunque, è di
esortare i fedeli ad abbracciare un santo tenore di vita ed esercitarsi in ogni
pratica di pietà, onde possano con maggior sicurezza d'animo aspettare il
grande giorno del Signore, anzi, desiderarlo con sommo ardore, come si conviene
ai figli di Dio.
15 Articolo 8
CREDO NELLO SPIRITO SANTO
Significato dell'articolo
96 Sono state fin qui
esposti, per il nostro programma, gli articoli relativi alla prima e alla
seconda Persona della santissima Trinità; restano ora da spiegare quelli che si
riferiscono alla terza Persona, cioè allo Spirito Santo. Nel chiarire questa
parte, i parroci dovranno impiegare tutto il loro zelo e la loro diligenza, non
essendo lecito al cristiano ignorare o fraintendere questo articolo al pari di
quelli precedenti. Perciò l'Apostolo non permise che alcuni cristiani di Efeso
ignorassero la Persona dello Spirito Santo. Avendoli interrogati se avessero
ricevuto lo Spirito Santo e avendo essi risposto di non saper nemmeno se
esistesse lo Spirito Santo, egli soggiunse subito: "Con quale battesimo
dunque siete stati battezzati?" (At 19,1.2). Con queste parole volle
significare che è necessarissima ai fedeli la conoscenza ben particolare di
questo articolo. Da esso, come frutto principale, riceveranno la convinzione
che, a ben riflettere, devono ascrivere tutto quanto hanno, a dono e beneficio
dello Spirito Santo. Ciò li farà sentire più modestamente e umilmente di sé e
li inciterà a porre ogni loro speranza nell'aiuto di Dio. Questo appunto deve
essere il primo gradino del cristiano verso la somma sapienza e felicità.
16 Significato proprio del termine "Spirito Santo"
97 Si comincerà a spiegare
l'articolo partendo dal valore e significato che assume qui la parola
"Spirito Santo". Essa si applica ugualmente bene al Padre e al
Figliolo, poiché ciascuno dei due è spirito ed è santo; infatti noi crediamo
che Dio è spirito. Inoltre designa anche gli angeli e le anime dei buoni;
bisogna quindi badare che il popolo non sia indotto in errore dall'ambiguità
del vocabolo. Dovrà pertanto insegnarsi in questo articolo che con il nome di
"Spirito Santo" s'intende la terza Persona della santissima Trinità;
senso che s'incontra nella Sacra Scrittura del Vecchio e più frequentemente del
Nuovo Testamento. David infatti implora: "Non mi levare il tuo Santo
Spirito" (Sal 50,13). Nel Libro della Sapienza si legge: "Chi ha
conosciuto la tua volontà, se tu non gli hai dato la sapienza e non gli hai
inviato dal cielo il tuo Spirito Santo?" (Sap 9,17). E altrove: "II
Signore ha creato la sapienza nello Spirito Santo" (Sir 1,9).
Nel Nuovo Testamento si legge
che dobbiamo esser battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo (Mt 28,19); che la santissima Vergine ha concepito per virtù di Spirito
Santo (Mt 1,20; Le 1,35) e che san Giovanni ci rinvia a Gesù Cristo, perché ci
battezzi nello Spirito Santo (Gv 1,33). Così si dica di molti altri testi.
17 Perché la terza Persona della santissima Trinità manca di nome proprio
98 Nessuno si meravigli che
la terza Persona non abbia, come la prima e la seconda, un nome proprio. La
seconda Persona ha un nome proprio e si chiama Figlio, in quanto il suo eterno
procedere dal Padre si chiama propriamente "generazione", come è
stato spiegato negli articoli antecedenti. Come, dunque, quel procedere viene
chiamato generazione, così la Persona procedente vien detta propriamente Figlio
e quella da cui procede, Padre. Ora, non essendo stato dato un nome proprio
alla emanazione della terza Persona, chiamata genericamente
"spirazione" e "processione", ne segue che anche la Persona
prodotta manchi di nome proprio. Non lo ha, perché noi siamo costretti ad
attingere i nomi, che attribuiamo a Dio, dalle cose create e come tra queste
non troviamo altro modo di comunicare la natura e l'essenza all'infuori della
virtù generativa, ne segue che non possiamo esprimere con vocabolo proprio la
maniera con la quale Dio comunica tutto se stesso per forza di amore. Perciò la
terza Persona è stata chiamata con il nome generico di Spirito Santo: nome che
le conviene a perfezione, perché egli infonde in noi la vita spirituale e senza
il soffio della sua santissima ispirazione non possiamo far nulla che sia degno
della vita eterna.
18 Lo Spirito Santo è uguale in tutto al Padre e al Figliolo
99 Spiegato il senso del
vocabolo, s'insegnerà anzitutto al popolo che lo Spirito Santo è Dio, come il
Padre e il Figliolo, uguale a essi, com'essi onnipotente ed eterno,
infinitamente perfetto, buono e sapiente, identico in natura al Padre e al
Figlio. Tutto questo è bene espresso dalla preposizione "in",
dicendo: "Credo nello Spirito Santo". Essa è stata preposta a tutte
le singole Persone della santissima Trinità, appunto per esprimere la forza
della nostra fede. Ed è anche confermato da aperte testimonianze della
Scrittura. San Pietro, negli Atti degli Apostoli, dopo aver detto: "Anania,
come mai Satana tentò il cuor tuo da mentire allo Spirito Santo?",
soggiunse: "Non hai mentito a uomini, ma a Dio" (At 5,3). Egli cioè
chiama Dio colui che poco prima aveva chiamato Spirito Santo.
Inoltre san Paolo spiega ai
Corinzi che il Dio di cui aveva parlato era lo Spirito Santo: "Vi sono
distinzioni di operazioni, ma è lo stesso Dio colui che opera in tutti tutte le
cose"; e più oltre: "Ma tutte queste cose le opera quell'uno identico
Spirito, il quale distribuisce a ciascuno secondo il suo beneplacito" (1
Cor 12,6.11). E negli Atti attribuisce allo Spirito Santo quello che i Profeti
ascrivono unicamente a Dio. Isaia infatti aveva scritto: "Ho udito la voce
del Signore che diceva: "Chi manderò?"... E mi disse: "Va' a
questo popolo e di' loro:... Aggrava il cuore di questo popolo, indura le sue
orecchie, chiudi i suoi occhi di guisa che non veda con gli occhi e non oda con
le orecchie" (Is 6,8). E l'Apostolo, citando queste parole, osserva:
"Lo Spirito Santo ha ben parlato per mezzo del Profeta Isaia" (At
28,25).
Di più, la Scrittura
congiungendo la Persona dello Spirito Santo con il Padre e con il Figlio, per
esempio là dove ordina di adoperare nel Battesimo il nome del Padre, del
Figliolo e dello Spirito Santo, toglie ogni motivo di dubbio circa la verità di
questo mistero; perché se il Padre è Dio e il Figlio è Dio, è forza confessare
che anche lo Spirito Santo, congiunto a essi da pari grado di onore, sia Dio.
Inoltre chi si battezza in nome di qualsiasi creatura non può trame alcun
frutto. "Forse siete stati battezzati nel nome di Paolo?" (1 Cor
1,13), domanda l'Apostolo per mostrare che questo non gioverebbe alla loro
salute. Venendo dunque battezzati nel nome dello Spirito Santo, bisogna
ammettere che egli è Dio.
Questo medesimo ordine delle
tre divine Persone, con il quale si prova la divinità dello Spirito Santo, si
ritrova sia nella prima lettera di Giovanni: "Tre sono che rendono
testimonianza in cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo; e questi tre
sono una cosa sola" (1 Gv 5,7), sia nella celebre dossologia trinitaria,
con cui si concludono le laudi e i salmi: "Gloria al Padre, al Figliolo e
allo Spirito Santo".
Da ultimo, a preziosa
conferma di questa verità, tutte quelle cose che crediamo essere proprie di
Dio, per attestazione della Sacra Scrittura, convengono allo Spirito Santo. A
lui viene attribuito l'onore dei templi, dicendo l'Apostolo: "Non sapete
che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo?" (1 Cor 6,19); a lui
vengono attribuite la santificazione (2 Ts 2,12) e la vivificazione (Gv 6,64; 2
Cor 3,6), lo scrutare i misteri di Dio (1 Cor 2,10), il parlare per bocca dei
Profeti (2 Pt 1,21), l'esser dappertutto (Sap 1,7): cose che si possono
attribuire solo alla divinità.
19 Lo Spirito Santo è Persona distinta dal Padre e dal Figlio
100 Bisogna ancora spiegare
accuratamente ai fedeli che lo Spirito Santo è Dio nel senso che costituisce
una terza Persona nella natura divina, distinta dal Padre e dal Figlio e
prodotta per via di volontà. Tralasciando gli altri testi scritturali, la forma
del Battesimo insegnataci dal Salvatore chiaramente mostra che lo Spirito Santo
è una terza Persona, per sé sussistente nella natura divina e distinta dalle
altre (Mt 28,19). Anche le parole dell'Apostolo sono chiare in proposito:
"La grazia del nostro Signore Gesù Cristo, la carità di Dio e la
partecipazione dello Spirito siano con tutti voi. Così sia" (2 Cor 13,13).
Il medesimo è mostrato molto
più apertamente dall'aggiunta che i Padri del primo Concilio di Costantinopoli
fecero a questo punto, per confutare l'empio errore di Macedonio: "[Credo]
nello Spirito Santo, che è signore ed è vivificatore; e procede dal Padre e dal
Figlio; che è adorato e glorificato insieme con il Padre e con il Figlio; che
parlò per mezzo dei Profeti". Chiamando lo Spirito Santo
"signore", i Padri fanno rilevare quanto sia superiore agli angeli.
Essi furono, sì, creati da Dio spiriti nobilissimi; ma, come attesta san Paolo,
sono tutti spiriti amministratori, mandati in ministero per coloro che
acquisteranno l'eredità della salute (Eb 1,14). Lo dicono poi
"vivificante", perché l'anima ha più vita nell'unirsi a Dio che il
corpo, il quale si alimenti e sostenga per l'unione con l'anima. E poiché la
Sacra Scrittura attribuisce allo Spirito Santo questa unione dell'anima con
Dio, giustamente lo Spirito Santo viene detto vivificante.
20 La processione dello Spirito Santo
101 Circa le parole "Che
procede dal Padre e dal Figlio" si deve insegnare ai fedeli che lo Spirito
Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un unico principio, per via di
eterna processione. Tanto ci è proposto a credere dalla regola ecclesiastica,
da cui non è lecito al cristiano dipartirsi, ed è confermato dall'autorità
della Scrittura e dei concili. Infatti Cristo nostro Signore, parlando dello
Spirito Santo, disse: "Egli mi glorificherà perché riceverà del mio"
(Gv 16,14). Il medesimo si ricava dal fatto che nella Sacra Scrittura lo
Spirito Santo è talora detto "Spirito di Cristo", talora
"Spirito del Padre"; ora è detto "mandato dal Padre", ora
"dal Figlio", per significare con chiarezza che procede ugualmente e
dal Padre e dal Figlio.
"Se uno non ha lo
Spirito di Cristo" disse san Paolo "questi non è di lui" (Rm
8,9); e scrivendo ai Galati: "Ha mandato Dio lo Spirito del Figlio suo nei
vostri cuori, il quale grida: "Abbà, Padre" (Gal 4,6). San Matteo lo
chiama Spirito del Padre: "Non siete voi che parlate, ma lo Spirito del
Padre vostro" (Mt 10,20); e il Signore nella Cena dice: "II
Consolatore che io vi manderò, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli
attesterà di me" (Gv 15,26). E altrove così afferma che lo Spirito Santo
deve esser mandato dal Padre: "II Padre lo manderà nel nome mio" (Gv
14,26). Siccome tutte queste espressioni dobbiamo intenderle della processione
dello Spirito Santo, ne segue che questi procede dal Padre e dal Figlio. Tale è
l'insegnamento da impartire, intorno alla Persona dello Spirito Santo.
21 Doni ed effetti dello Spirito Santo
102 Bisognerà inoltre
insegnare che vi sono alcuni effetti mirabili e doni grandissimi dello Spirito
Santo, che diciamo scaturiti ed emanati da lui, come da fonte inesauribile di
bontà. Sebbene le opere esterne della santissima Trinità siano comuni a tutte
le tre Persone, pure molte di esse si attribuiscono in particolare allo Spirito
Santo, per farci intendere che esse provengono dall'amore immenso di Dio verso
di noi. Infatti, poiché lo Spirito Santo procede dalla divina volontà quasi
infiammata d'amore, si capisce che gli effetti attribuiti come propri allo
Spirito Santo derivano dall'amore immenso di Dio verso di noi. Ne segue che lo
Spirito Santo è detto "dono", significandosi con questa parola ciò
che si dona benignamente e gratuitamente, senza speranza di ricompensa. Perciò
tutti i doni e benefici conferitici da Dio - "E che cosa abbiamo
noi", come dice l'Apostolo, "che non l'abbiamo ricevuto da Dio?"
(1 Cor 4,7) - dobbiamo riconoscerli con animo pio e grato come elargiti per
concessione e grazia dello Spirito Santo.
Molteplici poi sono i suoi
effetti. Omettendo la creazione del mondo, la propagazione e il governo delle
cose create, di cui abbiamo parlato nel primo articolo, abbiamo mostrato or ora
che si attribuisce in modo proprio allo Spirito Santo il dare la vita, come
conferma il passo d'Ezechiele: "Vi darò lo Spirito e vivrete" (Ez 37,6).
Ma è il Profeta Isaia (11,2) che enumera gli effetti principali e più propri
dello Spirito Santo: spirito di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e
di fortezza, spirito di scienza e di pietà, spirito di timor di Dio, i quali
tutti si chiamano "doni dello Spirito Santo" e talora semplicemente
"Spirito Santo".
Perciò sagacemente
sant'Agostino (De Trinit., 15,19) ci avverte di badare quando nella Sacra
Scrittura occorre la parola "Spirito Santo", per assicurarci se si
tratti della terza Persona della santissima Trinità, oppure dei suoi effetti e
operazioni. Le due cose sono differenti tra loro, come il creatore differisce
dalle creature. E con tanto maggior diligenza si dovrà sviluppare questo
argomento, in quanto appunto da questi doni dello Spirito attingiamo i precetti
della vita cristiana e possiamo giudicare se lo Spirito Santo sia veramente in
noi.
Tra tutti i suoi munifici
doni è da esaltare quella grazia che ci fa giusti e ci suggella con il promesso
Spirito Santo, pegno della nostra eredità (Ef 1,13). Essa unisce la nostra
mente a Dio con il vincolo strettissimo dell'amore, perciò avviene che, accesi
da ardente desiderio di pietà, iniziamo una nuova vita (2 Pt 1,4) e fatti
partecipi della natura divina, ci diciamo e siamo in realtà figlioli di Dio (1 Gv
3,1).
Articolo 9
CREDO LA SANTA CHIESA
CATTOLICA, LA COMUNIONE DEI SANTI
Senso dell'articolo
103 Facilmente s'intenderà la
diligenza che i parroci devono mettere nello spiegare ai fedeli la verità di
questo nono articolo, considerando principalmente due cose: anzitutto che i
Profeti, come nota sant'Agostino (In Psalmos, 30, 2 e 8), hanno più chiaramente
e apertamente parlato della Chiesa che di nostro Signore Gesù Cristo prevedendo
che molti più potevano errare ed esser ingannati su questo punto che sul mistero
dell'incarnazione. Infatti non sarebbero mancati uomini empi, i quali, a
somiglianza della scimmia che si finge uomo, avrebbero dichiarato di esser essi
soli cattolici, affermando, con non minore empietà che superbia, che la Chiesa
cattolica si trova solo presso di loro. Qualora si abbia bene impressa
nell'animo questa verità, facilmente si potrà evitare il terribile scoglio
dell'eresia. Poiché non si deve chiamare subito eretico uno che abbia peccato
contro la fede, ma se, disprezzata l'autorità della Chiesa, difende
pertinacemente le sue empie opinioni. E poiché non può macchiarsi di eresia se
presterà fede a quanto in questo articolo gli vien proposto di credere,
adoperino ogni cura i pastori affinché i fedeli, premuniti, grazie alla
cognizione di questo articolo, contro le arti del nemico, perseverino nella
verità. Questo articolo dipende dal precedente: ivi infatti abbiamo dimostrato
che lo Spirito Santo è fonte munifica di ogni santità; qui professiamo che Egli
ha donato la santità alla Chiesa.
22 Significato generico del termine "chiesa"
104 II termine
"chiesa" viene dal greco ed è stato dai latini applicato alla
religione dopo la divulgazione del Vangelo; importa quindi conoscerne il
significato. Chiesa significa "convocazione"; ma gli scrittori hanno
poi usato il vocabolo nel senso di "assemblea" o
"riunione", senza badare se vi si adorasse il vero Dio o le false
divinità. Leggiamo invero negli Atti, a proposito degli Efesini, che un
funzionario, quietata la folla, disse: "Se poi chiedete qualche cosa
d'altro, si risolverà in una chiesa [adunanza] legittima" (At 19,39). E si
trattava del popolo efesino, votato al culto di Diana. E non soltanto i popoli
che non conoscono Dio, ma anche le congreghe di uomini empi sono a volte
chiamate chiesa: "Io ho in odio" dice David "la chiesa
[compagnia] dei malvagi e non mi metto a sedere accanto agli empi" (Sal
25,5).
23 Significato speciale del termine "chiesa"
105 L'uso ordinario della
Sacra Scrittura volse poi questa parola a significare soltanto la "società
cristiana" e le "assemblee dei fedeli", di coloro cioè che per
mezzo della fede sono chiamati alla luce della verità e alla cognizione di Dio,
per adorare lui, vivo e vero, con pia e santa mente, e servirlo di tutto cuore.
La Chiesa dunque, per dir tutto con una frase di sant'Agostino, è il popolo
fedele sparso per l'universo intero (In Psalmos, 149, 2 e 10).
Grandi misteri sono compresi
in questo vocabolo. Nel senso di "convocazione" infatti vi rifulgono
la benignità e lo splendore della grazia divina e si rileva la differenza
grande che corre tra la Chiesa e le altre pubbliche società. Queste si basano
sulla ragione e la prudenza umana; quella è fondata sulla sapienza e il
consiglio di Dio. Egli ci ha chiamato internamente con il soffio dello Spirito
Santo, che schiude il cuore degli uomini, ed esternamente con l'opera e il
ministero dei pastori e dei predicatori. Quale sia il fine a noi proposto da
questa chiamata, cioè la cognizione e il possesso dei beni eterni, s'intenderà
bene da chi noterà la ragione per cui in antico il popolo fedele, posto sotto
la Legge, si chiamava "sinagoga" o "congrega". Codesto nome
gli fu imposto, secondo sant'Agostino, perché a modo di gregge, cui si addice
esser congregato, era rivolto solo ai beni terreni e caduchi. Ma il popolo
cristiano giustamente è detto Chiesa e non sinagoga, perché, disprezzate le
cose terrene e mortali, aspira solo a quelle celesti ed eterne.
24 Altri nomi della Chiesa
106 Vi sono molti altri nomi,
pieni di significato, che servono a designare la società cristiana. L'Apostolo
la chiama "casa" e "edificio di Dio": "Qualora io
tardassi, sappi come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio
vivente, colonna e fondamento della verità" (1 Tm 3,15).
La Chiesa vien detta
"casa" in quanto è come una famiglia retta da un solo capo, in cui
v'è comunione di tutti i beni spirituali. È anche chiamata "gregge delle
pecorelle" di Cristo, di cui Cristo è porta e pastore (Gv 10,1.2).
E’ detta anche "sposa di
Cristo". Così l'Apostolo ai Corinzi: "Vi ho sposati per presentarvi,
qual pura vergine, a un sol uomo, a Cristo" (2 Cor 11,2); e agli Efesini:
"Uomini, amate le vostre mogli, come Cristo amò la Chiesa"; e più
sotto, parlando del matrimonio: "Questo sacramento è grande; lo dico in
rapporto a Cristo e alla Chiesa" (Ef 5,25.32). Infine la Chiesa è detta
anche "corpo di Cristo", nelle lettere a quelli di Efeso (1,23) e di
Colossi (1,24). Il che deve validamente stimolare i fedeli a mostrarsi degni
dell'immensa clemenza e bontà di Dio, che li ha eletti a essere suo popolo.
25 La Chiesa militante e quella trionfante
107 Dopo questo, è necessario
enumerare le singole parti della Chiesa e far rilevare le reciproche
differenze, affinché il popolo intenda meglio la natura, le proprietà, i doni e
le grazie della Chiesa a Dio diletta e mai cessi di lodare il suo nome
santissimo.
Due sono le parti principali
della Chiesa: la "trionfante" e la "militante". La prima è
l'assemblea illustre e felice degli spiriti beati e di coloro che hanno
trionfato del mondo, della carne e del perfido demonio. Liberi e sicuri dalle
molestie di questa vita, essi godono la beatitudine eterna. La seconda è
l'insieme di tutti i fedeli che ancora vivono sulla terra. Si chiama militante,
perché i suoi mèmbri devono sempre combattere con quei terribili nemici che
sono il mondo, la carne e il demonio. Ma non si deve per questo ritenere che
siano due chiese; bensì, come abbiamo detto, due parti della medesima Chiesa,
una delle quali ha preceduto ed è già in possesso della patria celeste; l'altra
segue sulla terra fino al giorno in cui, ricongiunta al Salvatore, si riposerà
nella felicità eterna.
26 Chi è compreso nella Chiesa
108 Nella Chiesa militante vi
sono due specie di uomini: i buoni e i cattivi. I cattivi partecipano dei
medesimi sacramenti e professano la stessa fede dei buoni, ma ne differiscono
per la vita e i costumi. Buoni sono quelli i quali sono congiunti e stretti tra
loro non solo dalla professione della fede e dalla comunione dei sacramenti, ma
anche dal soffio della grazia e dal vincolo della carità. Di essi è scritto:
"II Signore conosce quelli che sono i suoi" (2 Tm 2,19). Gli uomini
possono congetturare chi siano gli appartenenti a questa schiera di buoni, non
già saperlo con sicurezza. Quindi non si deve credere che Cristo abbia voluto
alludere a questa parte della Chiesa quando ci ha rimesso alla Chiesa,
ordinandoci di ubbidire alla medesima (Mt 18,17). Essendo sconosciuta, come
potrebbe uno esser certo a qual giudice debba ricorrere e a quale autorità
debba ubbidire? La Chiesa abbraccia i buoni e i cattivi, come attestano la
Sacra Scrittura e gli scritti dei santi Padri. Questo volle intendere
l'Apostolo scrivendo: "Un solo corpo, un solo spirito" (Ef 4,4).
Questa Chiesa è manifesta e
visibile e viene paragonata a una città posta sopra un monte, che si vede
dappertutto; poiché, dovendo tutti ubbidirle, è necessario conoscerla. E
abbraccia non solo i buoni ma anche i cattivi, come molte parabole del Vangelo
c'insegnano; per esempio là dove il regno dei cicli, cioè la Chiesa militante,
è paragonato alla rete che si getta nel mare o al campo in cui viene
soprasseminato il loglio (Mt 13,47.24); o all'aia in cui si ammucchiano
frumento e pula (Le 3,17); o alle dieci vergini, metà fatue e metà savie (Mt
15,1.2). Si deve vedere una figura e un'immagine della Chiesa anche nell'antica
arca di Noè (Gn 7), dov'erano chiusi non solo gli animali mondi, ma anche gli
immondi. E sebbene la fede cattolica affermi con verità e costanza che alla
Chiesa appartengono i buoni e i cattivi, bisogna tuttavia spiegare ai fedeli
che, secondo le medesime norme di fede, è ben diversa la condizione di
entrambi. I cattivi sono compresi nella Chiesa come la pula sta insieme con il
frumento sull'aia o come le membra guaste restano congiunte al corpo vivo.
27 Chi è escluso dalla Chiesa
109 Segue da ciò che solo tre
categorie di uomini sono escluse dalla Chiesa: gli infedeli, gli eretici e
scismatici, gli scomunicati. Gli infedeli, perché non sono mai entrati nella
Chiesa, mai l'hanno conosciuta, ne mai sono stati fatti partecipi dei
sacramenti nella comunione del popolo cristiano. Gli eretici e gli scismatici,
perché si sono separati dalla Chiesa e non appartengono più alla medesima, come
i disertori non appartengono più all'esercito da cui sono fuggiti. Non si deve
però ritenere che essi non soggiacciano alla potestà della Chiesa, che li
chiama in giudizio, li punisce e li anatematizza. Gli scomunicati, infine,
perché, essendo stati esclusi dalla Chiesa in seguito a un giudizio della
medesima, non appartengono più a essa, fino a resipiscenza. Quanto agli altri
uomini, pur peccatori e scellerati, è certo che essi continuano a essere nella
Chiesa. E questo lo si deve ricordare spesso ai fedeli, affinché essi siano ben
persuasi che anche quando la vita di certi prelati della Chiesa fosse viziosa,
costoro sono sempre nella Chiesa, ne resta diminuita la loro potestà.
28 Vari significati del termine "chiesa"
110 Con il nome di chiesa si
sogliono anche designare le varie parti della Chiesa universale, come fa
l'Apostolo quando nomina le chiese di Corinto (1 Cor 1,2), della Galazia (Gal
1,2), di Laodicea (Col 4,16), di Tessalonica (1 Ts 1,1). Talora chiama chiesa
anche le private famiglie dei fedeli, come quando dice di salutare la chiesa
domestica di Prisca e di Aquila (Rm 16,4): "Vi salutano nel Signore
grandemente Aquila e Priscilla con la loro chiesa domestica" (1 Cor
16,19); e la stessa parola adopera scrivendo a Filemone (Fm 1,2).
Talora il vocabolo chiesa
designa i suoi capi e pastori: "Se non ti ascolta, dillo alla Chiesa"
(Mt 18,17); volendo intendere qui i capi della Chiesa. Si dice chiesa anche il
luogo ove il popolo si aduna per la predica o altra funzione religiosa (1 Cor
11,18). Ma in questo articolo per Chiesa s'intende principalmente il popolo
cristiano composto di buoni e di cattivi e non solo coloro che sono a capo, ma
anche quelli che devono ubbidire.
29 Note caratteristiche della Chiesa
111 SANTA, CATTOLICA. Si
spieghino ai fedeli le proprietà di questa Chiesa, dalle quali si rileva quanto
sia grande il beneficio di Dio verso coloro che in essa nascono e sono educati.
30 Unità della Chiesa
112 La prima proprietà
ricordata nel Simbolo dei Padri [niceni] è l'unità. Sta scritto: "Una è la
mia colomba, una è la mia bella" (Ct 6,8). Una così grande moltitudine di
uomini, diffusa per ogni dove, è detta una per i motivi elencati dall'Apostolo
agli Efesini: "Uno è il Signore, una la fede, uno il Battesimo" (Ef
4,5). Uno è anche il suo capo e moderatore: quello invisibile è Cristo nostro
Signore che l'eterno Padre ha costituito capo di tutta la Chiesa, suo mistico
corpo (Ef 1,22), e quello visibile che siede sulla cattedra di Roma, quale
successore legittimo di Pietro, principe degli Apostoli.
Unanime fu il consenso dei
Padri nel ritenere necessario questo capo visibile, per costituire e conservare
l'unità della Chiesa. San Girolamo lo vide chiaramente e ne scrisse in questi
termini contro Gioviniano: "Uno solo viene eletto affinchè, costituito il
capo, sia tolta ogni occasione di scisma" (1 Adv. lovin., 1, 26). E a
Damaso: "Taccia l'invidia, receda l'ambizione della romana dignità; io
parlo con il successore del Pescatore, con il discepolo della croce. Io non
seguo altri che Cristo come primo duce: ma mi unisco in comunione con la tua
Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro, sapendo che su questa pietra è
stata edificata la Chiesa. Chiunque mangerà l'agnello fuori di questa casa è un
estraneo; chiunque non starà nell'arca di Noè, perirà nelle acque del
diluvio" (Epist., 15, 2). Molto tempo prima avevano detto la stessa cosa
Ireneo (Adv. haereses, 3, 3) e Cipriano,
il quale ultimo, parlando dell'unità della Chiesa, scrive: "II Signore
dice a Pietro: "Io, o Pietro, dico a tè che tu sei Pietro e sopra questa
pietra edificherò la mia Chiesa". Edifica la Chiesa sopra uno solo e,
sebbene attribuisca a tutti gli Apostoli, dopo la risurrezione, uguale potestà
e dica: "Come il Padre ha mandato me, cosi io mando voi; ricevete lo
Spirito Santo", pure, volendo far manifesta l'unità, dispose con la sua
autorità che l'origine di detta unità derivasse da uno solo" (Cipriano, De
cath. Eccl. unitate, 4).
Ottato di Milevi scrive:
"Non ti può scusar l'ignoranza, sapendo bene che in Roma, a Pietro per
primo, fu data la cattedra episcopale sulla quale sedette il capo di tutti gli
Apostoli, affinché tutti conservassero in lui solo l'unità della sede e i
singoli Apostoli non estollessero ciascuno la propria. Perciò è scismatico e
prevaricatore chi contro quest'unica cattedra ne colloca un'altra"
(Ottato, Contro Parmen., 2, 2). Anche san Basilio scrive: "Pietro è stato
collocato nel fondamento. Egli aveva detto: "Tu sei il Cristo figlio del
Dio vivente" e in cambio aveva udito di dover essere la pietra; non però
nella stessa maniera di Cristo. Cristo è la pietra veramente immobile; Pietro è
immobile per virtù di quella. Gesù elargisce agli altri le sue dignità; è
sacerdote e fa i sacerdoti; è pietra e costituisce la pietra: così elargisce ai
suoi servi le cose sue" (Basilio, Hom. [falsamente ascritta] De paenit.,
4). Infine sant'Ambrogio afferma: "Pietro è anteposto a tutti, perché solo
fra tutti confessa [la divinità di Cristo]" (sant'Ambrogio, Exp. evang.
sec. Lucam, 10, 175).
Se uno obietta che la Chiesa,
paga dell'unico capo e sposo Gesù Cristo, non ne debba cercare un altro, la
risposta è pronta. Gesù Cristo è non solo l'autore, ma ancora l'interiore
ministro dei singoli sacramenti; perché è lui che battezza e che assolve;
eppure ha istituito degli uomini come ministri esteriori dei sacramenti. Perciò
ha preposto alla Chiesa, che egli regge con il suo intimo soffio, un uomo quale
vicario e ministro della sua potestà. Una Chiesa visibile ha bisogno di un capo
visibile: quindi il nostro Salvatore, dando a Pietro con solenni parole
l'incarico di pascolare le sue pecore, lo ha costituito capo e pastore della
grande famiglia dei fedeli, nel senso che il suo successore avesse la medesima
potestà di reggere e governare tutta la Chiesa.
Del resto, scrive l'Apostolo
ai Corinzi, "Uno e identico è lo spirito che infonde la grazia ai fedeli,
come l'anima da vita alle membra del corpo" (1 Cor 12,11). E invitando
quelli di Efeso a mantenere questa unità scrive: "Siate solleciti nel
conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace: un solo corpo
e un solo spirito" (Ef 4,3.4).
Come il corpo umano si
compone di molte membra, tutte avvivate da una sola anima che da vista agli
occhi, udito alle orecchie e agli altri sensi le rispettive virtù, così il
corpo mistico di Cristo, la Chiesa, si compone di molti fedeli. Unica è anche
la speranza, come ivi l'Apostolo testifica, alla quale siamo stati chiamati,
poiché tutti speriamo la medesima cosa: la vita eterna e beata. Una è infine la
fede che tutti devono ricevere e professare. "Non ci siano scismi tra
voi" dice l'Apostolo (1 Cor 1,10), e uno pure è il Battesimo, che è il
sacramento della fede cristiana.
31 Santità della Chiesa
113 La seconda proprietà
della Chiesa è la santità, come insegna il principe degli Apostoli scrivendo:
"Ma voi, stirpe eletta, gente santa" (1 Pt 2,9). È detta
"santa", perché consacrata e dedicata a Dio, com'è consuetudine
chiamare sante tutte le cose di questo genere, anche materiali, purché ordinate
e destinate al culto divino, come per esempio, nell'antica Legge, i vasi sacri,
le vesti, gli altari e anche i primogeniti che venivano dedicati all'Altissimo.
Né deve recare meraviglia che la Chiesa sia detta santa, sebbene contenga molti
peccatori, giacché i fedeli si chiamano santi, in quanto sono divenuti popolo
di Dio e, mediante la fede e il Battesimo, si sono consacrati a Cristo, anche
se poi peccano e non mantengono le promesse fatte. Allo stesso modo chi
esercita un'arte è sempre chiamato artefice, anche se non osserva i precetti
dell'arte sua. Perciò san Paolo chiama i fedeli di Corinto
"santificati" e "santi" (1 Cor 1,2), sebbene sia noto che
ve ne fossero taluni che egli acerbamente rimprovera come carnali e peggio
(ibid. 3,1).
Santa è la Chiesa, perché
congiunta come corpo al suo santissimo capo, che è Cristo nostro Signore, fonte
di ogni santità, dal quale ci vengono i carismi dello Spirito Santo e le
ricchezze della divina bontà. Molto efficacemente sant'Agostino, interpretando
quelle parole del Profeta: "Proteggi l'anima mia perché sono santo",
dice: "Osi pure il corpo mistico di Cristo, osi, come un solo uomo,
gridare dagli estremi confini della terra e dire con il suo Capo e sotto il suo
Capo: "Io sono santo" poiché ha ricevuto la grazia di santità, la
grazia del Battesimo e della remissione dei peccati" (In Psalmos, 85, 2).
E dopo poco aggiunge: "Se è vero che tutti i cristiani e i fedeli, battezzati
in Cristo, hanno rivestito Cristo, come dice l'Apostolo: "Tutti voi che
siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo" (Gal
3,27); se è vero che son divenuti membra del suo corpo, eppure dicono di non
esser santi, allora fanno ingiuria al Capo le cui membra sono sante".
Infine si aggiunga che solo
la Chiesa possiede il culto legittimo del sacrificio e l'uso salutare dei
sacramenti. Per essi, come per efficaci strumenti della grazia divina, Dio
produce la vera santità, di guisa tale che i veramente santi non possono essere
fuori di questa Chiesa. È chiaro dunque che la Chiesa è santa; e santa perché è
il corpo di Cristo, da cui viene santificata e dal cui sangue viene lavata.
32 Cattolicità della Chiesa
114 Terza proprietà della
Chiesa è il dirsi "cattolica" ossia "universale", epiteto
che le conviene a buon diritto perché, come attesta sant'Agostino: "Da
Oriente a Occidente si diffonde con lo splendore di un'unica fede" (Sermo,
242, 4). Essa non è, come le nazioni civili o le conventicole eretiche,
ristretta nei confini di un regno o nell'ambito di una razza; ma abbraccia nel
seno della sua carità tutti gli uomini: barbari o sciti, schiavi o liberi,
maschi o femmine (Gai 3,28). Perciò sta scritto: "Ci hai ricomperati per
Dio con il tuo sangue, da tutte le tribù e lingue e popoli e nazioni; e ci hai
fatti regno per il nostro Dio" (Ap 5,9). David dice della Chiesa:
"Chiedimi e ti darò in retaggio i popoli, in possesso le più lontane
regioni" (Sai 2,8); e altrove: "Porrò Rahab e Babilonia tra coloro
che mi han conosciuto" e "Ogni uomo è nato in essa" (Sai
86,4.5).
Del resto tutti i fedeli, da
Adamo a oggi e da oggi alla fine del mondo, i quali professano la vera fede,
appartengono alla medesima Chiesa, che è stata edificata sopra il fondamento degli
Apostoli e dei Profeti. Tutti questi sono stati costituiti e fondati su quella
pietra angolare che è Cristo, il quale delle due cose ne ha fatta una e ha
annunciato la pace ai vicini e ai lontani (Ef 2,14-20). Si dice universale
anche perché quanti vogliono conseguire la salute eterna devono aderire alla
Chiesa, non diversamente da coloro che, per non perire nel diluvio, entrarono
nell'arca.
33 Apostolicità della Chiesa
115 Questa pertanto è la
norma più sicura per distinguere la vera Chiesa dalla falsa. Ma la verità della
Chiesa si può riconoscere anche dall'origine che, per una grazia evidente,
deriva dagli Apostoli. La verità della sua dottrina non è recente ne nata ora,
ma trasmessa un tempo dagli Apostoli e disseminata poi per tutto il mondo.
Segue da ciò che nessuno deve dubitare che le empie teorie degli eretici,
contrarie alla dottrina della Chiesa predicata dal tempo degli Apostoli fino a
oggi, si allontanano dalla fede della vera Chiesa.
Perciò, affinché tutti
capissero quale fosse la Chiesa cattolica, per divina ispirazione i
Padri aggiunsero nel Simbolo
l'epiteto di "apostolica". Infatti lo Spirito Santo che presiede alla
Chiesa non la governa con altra sorta di ministri all'infuori di quelli
apostolici. Questo Spirito fu prima donato agli Apostoli ed è poi sempre
rimasto nella Chiesa, grazie all'infinita benignità di Dio. Ma come soltanto
questa Chiesa non può errare nell'insegnare la disciplina della fede e dei
costumi, perché governata dallo Spirito Santo, così tutte le altre, che si
arrogano il nome di chiese, essendo guidate dallo spirito del demonio, devono
necessariamente cadere in perniciosissimi errori di fede e di costumi.
34 Figure della Chiesa nel Vecchio Testamento
116 Le figure del Vecchio
Testamento sono efficacissime per eccitare l'animo dei fedeli e per richiamare
alla memoria bellissimi insegnamenti; per questo soprattutto gli Apostoli le
hanno adoperate. I parroci non trascurino questa parte dell'insegnamento, che
offre molte utilità. Un chiaro significato ha l'arca di Noè, che fu costruita
per divino comando, solo perché nessun dubbio rimanesse circa il suo
significato relativo alla Chiesa. Questa infatti Dio l'ha costituita in guisa
tale che chiunque entra in essa attraverso il Battesimo rimane salvo da ogni
pericolo di morte eterna; mentre quelli che ne sono fuori rimangono sommersi
dai loro delitti: appunto come avvenne a quelli che non entrarono nell'arca.
Altra figura è quella della grande città di Gerusalemme, il cui nome nella
Scrittura designa spesso la Chiesa. In essa soltanto era lecito offrire
sacrifici a Dio, perché nella sola Chiesa, e non fuori, si trova il vero culto
e il vero sacrificio accetto a Dio.
35 La Chiesa stessa è oggetto di fede
117 Da ultimo bisogna
insegnare in quale senso sia articolo di fede il credere la Chiesa. Certo,
ognuno con l'intelligenza e con i sensi percepisce l'esistenza terrena della
Chiesa, cioè l'esistenza di un'assemblea di uomini, addetti e consacrati a Gesù
Cristo; né sembra vi sia bisogno della fede a capirlo, poiché nemmeno i Giudei
o i Turchi lo pongono in dubbio. Ma soltanto la mente illuminata dalla fede, e
non dietro considerazioni umane, può comprendere i misteri contenuti nella
santa Chiesa di Dio, parte dei quali abbiamo già spiegato, parte vedremo poi,
spiegando il sacramento dell'Ordine. Dunque se anche questo articolo, come gli
altri, supera la facoltà e le forze della nostra intelligenza, a buon diritto
professiamo di considerare la fondazione, gli uffici e la dignità della Chiesa,
non con gli occhi dell'umana ragione, ma anche con quelli della fede.
Infatti non furono gli uomini
i fondatori di questa Chiesa, ma lo stesso Dio immortale, che l'ha edificata
sopra saldissima roccia, come disse il Profeta: "Lo stesso Altissimo l'ha
fondata" (Sal 86,5). Perciò si chiama "eredità di Dio" (Sai
27,9), "popolo di Dio" (Os 2,1). La potestà che ha ricevuta non è
umana, ma di attribuzione divina. E come non si può acquistare con le forze
umane, così solo la fede ci fa intendere che nella Chiesa vi sono le chiavi del
regno dei cieli (Mt 16,19); che essa ha ricevuto il potere di rimettere i
peccati (Gv 20,23), di scomunicare (Mt 16,19), di consacrare il vero corpo di
Cristo (Lc 22,19) e che i cittadini in essa dimoranti non hanno qui dimora
stabile, ma ne vanno cercando una futura (Eb 13,14).
Bisogna pertanto credere
necessariamente la Chiesa una, santa e cattolica. Noi crediamo nelle tre
Persone della Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo, in guisa tale da
collocare in essi tutta la nostra fede. Ma qui, mutando il modo di dire,
professiamo di credere "la santa Chiesa", e non "nella santa
Chiesa"; questo per distinguere, anche con la diversità della frase, Dio
creatore dell'universo dalle cose create e per attribuire a un dono della sua
bontà gli immensi benefici che sono stati conferiti alla Chiesa.
36 In che consista la "comunione dei santi"
118 LA COMUNIONE DEI SANTI.
San Giovanni Evangelista, scrivendo ai fedeli intorno ai misteri divini, da
questa ragione del suo insegnamento: "Affinché voi pure abbiate società
con noi e la nostra società sia con il Padre e con il Figliolo di lui, Gesù
Cristo" (1 Gv 1,3). Questa società consiste nella comunione dei santi,
oggetto del presente articolo. Sarebbe davvero desiderabile che i responsabili
delle chiese imitassero la diligenza di Paolo e degli altri Apostoli nello
spiegare questo articolo, che non solo è come un'interpretazione del precedente
ed è fecondo di frutti assai ubertosi, ma anche chiarisce qual uso debba farsi
dei misteri contenuti nel Simbolo. Noi dobbiamo investigarli e accettarli
appunto per esser ammessi nella grandiosa e beata società dei santi e una volta ammessi perseverarvi costantemente,
rendendo grazie con gaudio a Dio Padre, che ci ha fatti degni di partecipare
alla sorte dei santi nella luce (Col 1,12).
Anzitutto si dovrà insegnare
ai fedeli che il presente articolo è come una spiegazione di quello precedente
intorno alla Chiesa, una, santa e cattolica; poiché l'unità di spirito da cui è
retta fa sì che sia comune tutto quanto essa possiede. Il frutto di tutti i
sacramenti appartiene a tutti i fedeli, i quali con essi, come per mezzo di
catene, vengono legati e uniti a Cristo: soprattutto con il Battesimo, per il
quale, come attraverso una porta, entrano nella Chiesa.
Che questa comunione dei santi indichi quella dei
sacramenti, è manifesto dalle parole del Simbolo: "Confesso un solo
Battesimo". Seguono a questo, prima l'Eucaristia, poi tutti gli altri
sacramenti. Infatti sebbene il nome di "comunione" convenga a tutti i
sacramenti, in quanto ci congiungono a Dio e ci fanno partecipi di lui, la cui
grazia riceviamo, pure si appropria meglio all'Eucaristia, la quale attua
questa comunione.
37 La comunione dei santi illustrata dall'esempio del corpo umano
119 Nella Chiesa c'è da
considerare anche un'altra comunione. Tutto quanto viene praticato con devota e
santa mente da uno, appartiene a tutti e a tutti giova, in virtù della carità,
che non cerca il proprio vantaggio (1 Cor 13,5). Lo prova la testimonianza di
sant'Ambrogio, il quale commentando quel passo del salmo: "Io sono il compagno
di quelli che ti temono", osserva: "Come diciamo che un membro è
partecipe di tutto il corpo, così diciamo che ciascuno è unito a tutti gli
altri che temono il Signore. Perciò Gesù Cristo prescrivendo la formula di
preghiera ci fece dire: "il nostro pane" e non "il mio
pane" e così via; affinché considerassimo non soltanto il nostro bene
individuale, ma quello di tutti" (Exp.
de Psalmo, 118, 8, 54).
La comunione dei beni viene
spesso illustrata nella Sacra Scrittura con l'appropriata similitudine delle
membra del corpo umano. Nel corpo vi son molte membra, che tuttavia formano un
solo corpo, nel quale ciascuno compie l'ufficio proprio, non tutti il medesimo.
Dette membra non hanno uguale dignità ne compiono funzioni ugualmente utili e
decorose, e ciascuna bada non al comodo proprio ma all'utilità di tutto il
corpo. E sono congiunte così bene tra loro che, se ne duole una, soffrono anche
le altre, per una certa affinità e consenso di natura; mentre se gode, provano
anche le altre membra un senso di benessere. Il medesimo si verifica nella
Chiesa. Anche in lei vi sono membra diverse, cioè le varie nazioni di giudei e
di gentili, liberi e schiavi, poveri e ricchi; ma, una volta ricevuto il
Battesimo, diventano un solo corpo, con Cristo per capo. Inoltre a ognuno nella
Chiesa è assegnato il suo ufficio. Vi sono alcuni Apostoli, altri Dottori,
costituiti tali per la pubblica utilità; ad alcuni spetta il governare e
l'insegnare, ad altri l'obbedire e l'essere soggetti.
38 Quali membri della Chiesa godono dei suoi beni spirituali
120 Coloro che vivono una
vita cristiana nella carità godono tanti e preziosi doni e benefici divini e
sono giusti e cari a Dio. Mentre le membra morte, cioè gli uomini peccatori e
lontani dalla grazia di Dio, pur non venendo privati del beneficio di essere
membra del corpo della Chiesa, non percepiscono, perché morti, quel frutto
spirituale di cui godono gli uomini giusti e pii. Nondimeno, restando sempre
nella Chiesa, vengono aiutati da coloro che vivono secondo lo spirito, perché
possano ricuperare la grazia e la vita perduta, cogliendo quei frutti di cui
restano privi coloro che sono del tutto separati dalla Chiesa.
E sono comuni non soltanto
quei doni che rendono gli uomini cari a Dio e giusti, ma anche le grazie
cosiddette gratis date, tra cui si annoverano la scienza, la profezia, il dono
delle lingue e dei miracoli e simili: doni che sono concessi anche ai cattivi
per motivo non di utilità privata ma pubblica, a edificazione della Chiesa.
Infatti la virtù delle guarigioni è concessa non a beneficio di chi la
possiede, ma per chi è malato.
Del resto l'individuo
veramente cristiano nulla possiede di così strettamente suo che non lo debba
ritenere in comune con gli altri. Quindi deve essere pronto a sollevare la
miseria dei poveri, essendo chiaro che non possiede la carità di Dio chi,
fornito di sostanze, non aiuta il fratello che vede nel bisogno (1 Gv 3,17).
Così stando le cose, è evidente che quelli i quali vivono in questa santa
comunione sono in certo modo felici e possono a buon diritto esclamare:
"Quanto sono amabili le tue tende, o Signore degli eserciti! L'anima mia
sospira e sviene negli atri del Signore" e ancora: "Beati coloro che
abitano nella tua casa, o Signore" (Sal 83, 2.3.5).
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