Parte seconda - i sacramenti - : Estrema Unzione e Ordine



L'ESTREMA UNZIONE

1                    II pensiero dei novissimi

264 Gli oracoli biblici ammoniscono: "Tieni presenti in tutte le tue operazioni gli estremi eventi tuoi e non peccherai in eterno" (Sir 7,40). Con ciò i parroci sono implicitamente esortati a non tralasciare occasione per inculcare al popolo fedele l'assidua meditazione sulla morte. E poiché il sacramento dell'Estrema Unzione è necessariamente associato all'immagine del giorno supremo, si comprende come se ne debba trattare spesso, non solo per la costante opportunità di enucleare le verità misteriose che riguardano la salvezza, ma anche perché, meditando la necessità della morte incombente su tutti, i fedeli riusciranno a comprimere le malsane cupidigie. Così proveranno minore angoscia nell'aspettativa della morte e scioglieranno incessanti azioni di grazie a Dio che, dopo averci aperto con il sacramento del Battesimo l'adito alla vera vita, istituì pure il sacramento dell'Estrema Unzione, affinché uscendo da questo mondo trovassimo più agevole il sentiero per il cielo.
Per seguire l'ordine adottato a proposito degli altri sacramenti, si dovrà notare anzitutto che esso è detto Estrema Unzione per la ragione che è l'ultima a essere amministrata fra tutte le sacre unzioni che il Signore nostro Salvatore affidò alla sua Chiesa.
Perciò i nostri antenati lo chiamarono anche sacramento dell' "Unzione degli infermi" (12) sacramento dei "partenti": termini cotesti che riconducono subito i fedeli al pensiero degli ultimi istanti.

12      II Concilio Vaticano II ha rilanciato questa antica denominazione. Ma ciò non toglie che gli altri nomi conservino anch'essi la loro validità, purché vengano intesi nel loro giusto significato.

L'Estrema Unzione è un sacramento
265 Dovrà poi essere spiegato come l'Estrema Unzione sia propriamente un sacramento. Ciò risulta da un semplice esame delle parole con cui l'Apostolo san Giacomo ne promulgò il precetto: "Si ammala qualcuno di voi? Convochi i preti della Chiesa, affinché preghino su di lui e lo ungano con l'olio nel nome del Signore; la preghiera fiduciosa salverà l'infermo e il Signore lo solleverà; se poi avrà dei peccati, gli saranno rimessi" (Gc 5,14). Affermando che i peccati vengono così perdonati, l'Apostolo proclama in codesto rito la virtù e la natura propria di un sacramento. Che questa sia sempre stata la dottrina ecclesiastica intorno all'Estrema Unzione, è attestato da molti concili, ma sopra tutto dal Tridentino, che lancia l'anatema contro chiunque osi pensare o insegnare diversamente. Anche papa Innocenzo I raccomandò caldamente questo sacramento ai fedeli (Epist., 8, 11).
I parroci insisteranno quindi nel dire che si tratta di un autentico e unico sacramento; non già di più sacramenti, per quanto sia amministrato mediante molteplici unzioni, per ciascuna delle quali sono prescritte speciali preci e una propria forma. È sacramento unico, non per la continuità di parti inscindibili, ma per la perfezione del tutto, come si conviene a ogni cosa che sia composta di molteplici elementi. Come una casa, pur essendo composta di copiosi e vari materiali, acquista l'unità dalla forma, così questo sacramento, pur risultando di parecchi gesti e numerose parole, è un segno unico e racchiude la virtù dell'unica cosa che esso significa.
Inoltre i parroci indicheranno le parti di questo sacramento, cioè l'elemento e la formula, non taciute da san Giacomo (5,14). Segnaliamo i profondi significati di ciascuna.                                                     

2                    Materia dell'Estrema Unzione

266 L'elemento o materia, secondo le definizioni dei concili, specialmente del Tridentino, è dato dall'olio che il vescovo ha consacrato, il liquido, cioè, non ricavato da qualsiasi materia grassa, ma soltanto dai frutti dell'olivo. In realtà questa sostanza rappresenta molto bene l'operazione inferiore della virtù sacramentale. Infatti l'olio giova assai a mitigare i dolori dell'organismo umano; così la virtù del sacramento attenua l'angoscia penosa dell'anima. L'olio inoltre rende la salute, conferisce splendore, alimenta la luce e rinnova mirabilmente le energie del corpo affaticato. Ebbene, tutto questo rende bene l'immagine di quello che per virtù divina l'amministrazione di questo sacramento opera nell'ammalato. E basti per quanto riguarda la materia.

3                    Forma dell'Estrema Unzione

267 La forma del sacramento è la frase e la preghiera solenne che il sacerdote pronuncia alle singole unzioni, dicendo: "In virtù di questa santa unzione ti perdoni Iddio le mancanze commesse con gli occhi, con le narici, con il tatto". San Giacomo Apostolo mostra che questa è la forma vera e propria del sacramento, quando dice: "Preghino sopra di lui; poiché l'orazione fatta con fede salverà l'infermo" (5,14). Donde emerge che la forma deve essere dettata in modo di preghiera, per quanto l'Apostolo non ne abbia fissato positivamente i termini. Questi ci giunsero attraverso la fedele tradizione dei Padri, cosicché tutte le chiese adottarono la formula usata dalla santa Chiesa romana, madre e maestra di tutte le altre. Se in alcuni luoghi qualche vocabolo è cambiato e invece di dire "Ti perdoni il Signore" si usa dire "Ti rimetta" o" Ti assolva" e talora anche "Guarisca quanto commettesti", il senso sostanzialmente non cambia e può dirsi benissimo che tutti rispettano religiosamente la medesima formula.
Nessuno si meravigli del fatto che, mentre negli altri sacramenti la forma esprime assolutamente quello che il sacramento compie (come quando è detto "Io ti battezzo"; oppure "Io ti segno con il segno della croce") o suoni imperativamente come nel sacramento dell'Ordine ("Ricevi la potestà"), soltanto nell'Estrema Unzione assuma il tono di preghiera. Tale singolarità è opportunissima. Infatti questo sacramento mira non solo a infondere nei malati la grazia spirituale, ma anche a ridonare loro la salute. Ma che i malati così guariscano non accade sempre. Quindi è opportuno che sia concepita in forma deprecatoria la formula con cui imploriamo da Dio benigno ciò che la virtù del sacramento non opera infallibilmente.
Anche nell'amministrazione di questo sacramento sono usati riti speciali. In grandissima parte consistono in preghiere con le quali il sacerdote invoca la salute del malato; nessun altro sacramento anzi implica maggior numero di preghiere. E giustamente, perché è soprattutto quella l'ora in cui i fedeli devono essere soccorsi con pie preci. Per questo tutti i presenti, con a capo il pastore, rivolgono a Dio fervide invocazioni, raccomandando alla sua misericordia la vita e la salvezza dell'infermo.

4                    Istituzione dell'Estrema Unzione

268 Dimostrato che l'Estrema Unzione va collocata propriamente nel novero dei sacramenti, ne segue che la sua istituzione deve riportarsi a nostro Signore Gesù Cristo; più tardi tale istituzione è stata riferita e promulgata tra i fedeli dall'Apostolo san Giacomo.
Il Salvatore in persona, del resto, sembra avere adombrata un'idea di questa sacra Unzione, quando mandò innanzi a sé i discepoli, due a due. Di essi infatti dice l'Evangelista che, andando in giro, inculcavano di far penitenza, scacciavano numerosi demoni e ungevano con l'olio molti malati e li guarivano (Mc 6,12.13). Dobbiamo credere che questa Unzione non rappresentasse un'invenzione degli Apostoli, ma un comando e un'istituzione del Signore, ricca non già di un'efficacia naturale, ma diretta misticamente a risanare le anime, più che a curare i corpi. Lo asseriscono san Dionigi, sant'Ambrogio, il Crisostomo, Gregorio Magno; sicché appare indubitabile l'obbligo di accogliere tale Unzione con sommo rispetto, come uno dei sette sacramenti della Chiesa.

5                    A chi si deve amministrare l'Estrema Unzione

269 Ai fedeli si deve insegnare che, se tale sacramento conviene a tutti, vi sono però classi di individui a cui non deve essere amministrato.
Sono esclusi anzitutto i sani di corpo. L'Apostolo insegna che a essi l'Estrema Unzione non conviene, quando premette: "Se uno di voi si ammala" (Gc 5,14). La ragione lo dimostra parimenti, dal momento che essa fu istituita perché fosse medicina non solo per l'anima, ma anche per il corpo. Ora solamente i malati han bisogno di cura; anzi è da ritenere che questo sacramento debba essere conferito a coloro che appaiono cosi gravemente malati, da far temere che incomba per loro l'ultimo giorno di vita.
Ricordiamo però che cadono in grave colpa coloro che sogliono ungere i malati solo quando, svanita ogni speranza di guarigione, cominciano a perdere i sensi e la vita.
Invece è certo che a conseguire più abbondante la grazia sacramentale, giova moltissimo che al malato sia applicato l'olio santo quando ancora conserva lucida l'intelligenza, pronta la ragione, cosciente la fede e pia la volontà. I parroci ricordino perciò di ricorrere alla medicina celeste nel momento in cui essa, sebbene sempre di per sé salutifera, potrà riuscire di tanto maggior giovamento, in quanto sarà accompagnata dalla pietà e devozione dei pazienti. Insomma il sacramento dell'Unzione non si può impartire a chiunque non sia malato gravemente, anche se sia esposto a serio pericolo di vita: come chi si accinge a perigliosa navigazione, chi affronta una battaglia per lui certamente letale, chi è tratto all'estremo supplizio.
Non possono neppure ricevere questo sacramento coloro che mancano dell'uso di ragione. Tali i fanciulli, che non hanno residui di peccati da cancellare definitivamente, i folli e i furiosi, a meno che non abbiano dei lucidi intervalli e in uno di questi manifestino animo pio, bramoso della sacra Unzione. Colui che dal dì della nascita, mai ebbe l'uso della ragione, non può essere unto, ma può esserlo il malato, che avendo mostrato l'intenzione di ricevere il sacramento quando ancora era nel pieno uso delle facoltà razionali, sia poi caduto nella pazzia e nel furore.
Non tutte le parti del corpo devono essere unte, ma quelle soltanto che la natura diede all'uomo come strumenti di sensibilità: gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le narici per cogliere gli odori, la bocca per gustare e parlare, le mani per il senso del tatto che, sebbene diffuso per tutto il corpo, ha in quella parte il suo organo più rilevante. La Chiesa universale adotta questo rito di unzione, perfettamente rispondente alla natura del sacramento, simile a un medicinale. E come nelle malattie corporee, sebbene tutto il corpo sia colpito dal male, è curata la parte da cui il morbo scaturisce come da fonte originaria, così ricevono l'unzione, non tutto il corpo, ma gli organi in cui risiede eminentemente la facoltà sensitiva, i reni, quale sede della libidine voluttuosa, e i piedi, organo del movimento.
Non va dimenticato che in una stessa malattia, nel medesimo pericolo di morte, il malato non può essere unto più di una volta e che se, ricevuta la sacra Unzione, il malato migliora, ogni volta che poi torna a essere in pericolo di morte, potrà sempre ricevere il soccorso sacramentale. L'unzione infatti è nel gruppo dei sacramenti che possono essere ripetuti.

6                    Come deve essere ricevuta l'Estrema Unzione

270 Deve porsi poi ogni studio nell'eliminare tutto ciò che può essere di ostacolo alla grazia del sacramento. E poiché a essa fa da barriera insormontabile la coscienza di qualche peccato mortale, si deve rispettare la costante consuetudine della Chiesa cattolica, secondo la quale, prima dell'Estrema Unzione, vengono amministrati i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Dopo, i parroci inculcheranno al malato di ricevere l'Unzione dal sacerdote con quella fede che animava quelli che si presentavano agli Apostoli per essere sanati. Bisogna prima chiedere la salute dell'anima e poi quella del corpo, con la clausola che questa possa giovare alla gloria eterna. I fedeli non dubitino mai che saranno ascoltate da Dio le sante e solenni preghiere che il sacerdote recita, non in nome proprio, ma nel nome della Chiesa e dello stesso nostro Signore Gesù Cristo. Bisognerà inoltre esortarli caldamente perché curino di ricevere con religiosa pietà il salutare sacramento non appena si presenta la lotta più aspra e, imminente, il crollo delle energie fisiche e morali.

7                    Il ministro dell'Estrema Unzione

271 Abbiamo già appreso dallo stesso Apostolo che promulgò il precetto del Signore su questo sacramento, chi sia il ministro dell'Estrema Unzione. Egli dice: "Chiami i presbiteri" (Gc 5,14). Con questo nome, secondo la saggia interpretazione del Concilio Tridentino (sess. 14, cap. 3), non indicava già gli avanzati in età, o coloro che occupano in mezzo al popolo la posizione più eminente, ma i sacerdoti debitamente ordinati dai vescovi mediante l'imposizione delle mani. L'amministrazione del sacramento è dunque affidata al sacerdote. In base però alle decisioni della santa Chiesa, tale amministrazione non spetta a qualsiasi sacerdote, ma al proprio pastore, fornito di giurisdizione, o a chi egli ne abbia dato la delega. Si tenga presente del resto che, adempiendo tale compito, il sacerdote, come in tutti gli altri sacramenti, rappresenta nostro Signore Gesù Cristo e la santa Chiesa sua sposa.

8                    Frutti dell'Estrema Unzione

272 I pastori spieghino con cura i vantaggi di questo sacramento, di modo che, se altre considerazioni non stimolano i fedeli a riceverlo, ve li induca almeno l'utilità, dal momento che noi quasi tutto valutiamo in base al nostro vantaggio.
Diranno anzitutto che questo sacramento infonde la grazia che cancella i peccati più lievi, comunemente detti veniali. Esso infatti non è stato istituito per la remissione delle colpe mortali, che sono cancellate dal Battesimo e dalla Penitenza. Questo sacramento non è stato istituito principalmente per la remissione dei peccati più gravi, che il Battesimo e la Penitenza invece effettuano per loro virtù.
Spiegheranno poi l'utilità della sacra Unzione, che libera l'anima dal languore e dalla fragilità contratti coi peccati e, in genere, da tutte le scorie dei peccati. Il momento più opportuno per simile cura spirituale è quello in cui, sui colpiti da grave morbo, incombe il pericolo della vita, poiché per natura l'uomo nulla teme più della morte. Tale timore è accresciuto dalla memoria delle colpe passate, quando specialmente siamo sul punto di sentirci aspramente accusati dalla nostra coscienza. Sta scritto infatti: "Impauriti, ricorderanno le loro colpe e le iniquità commesse si leveranno ad accusarli" (Sap 4,20). Anche l'animo è angosciato dall'idea di essere vicinissimi al tribunale di Dio, che deve pronunciare una sentenza giustissima su quel che ci saremo meritati.
Accade talora che, sgomenti di terrore, i fedeli cadano in preda al più profondo scoramento. Quale mezzo migliore, invece, per apprestarsi tranquillamente alla morte, che rimuovere la tristezza, attendere in letizia la chiamata del Signore, pronti a rendergli quel che ci aveva affidato, non appena voglia richiedercelo? Ebbene, l'Estrema Unzione appunto fa sì che lo spirito dei fedeli sia sgombrato da preoccupazioni e l'animo venga ricolmato di pia e pura letizia.
Inoltre ne scaturisce un altro vantaggio, giustamente ritenuto il più prezioso. Sebbene, finché viviamo, l'avversario del genere umano non si astenga un istante dall'intenzione di perderci, pure mai compie più audaci sforzi per rovinarci e, possibilmente, strapparci ogni fiducia nella divina misericordia, di quando si avvede che ci avviciniamo alla nostra ultima ora. Per questo con tale sacramento sono apprestate ai fedeli armi ed energie per rintuzzare l'attacco infernale e respingerlo. Esso apre l'animo del malato alla fiducia nella bontà divina, lo conforta a sopportare più agevolmente i fastidi del male, lo addestra a eludere la perfida insidia dell'astuto demonio.
Infine c'è da attendersi pure la salute del corpo, se sarà profittevole all'anima. Che, se non sempre i malati la conseguono, non deve ciò attribuirsi a incapacità del sacramento, ma alla debolezza della fede della maggioranza di coloro che ricevono o amministrano l'Unzione. Attesta infatti l'Evangelista che il Signore non operò più miracoli fra i suoi a causa della loro incredulità (Mt 13,58), sebbene si possa pure ragionevolmente pensare che, da quando la religione cristiana ha messo più profondamente le sue radici nell'anima degli uomini, ha minor bisogno di quelle prove miracolose che parvero necessarie agli inizi della Chiesa. Comunque, la fede del morente dovrà essere stimolata, perché, qualunque cosa la sapiente volontà di Dio stabilisca in rapporto alla salute corporale, i fedeli ritengano con assoluta fiducia che, mediante l'azione del sacro olio, conseguiranno la salute spirituale e che, se morranno, coglieranno il frutto della mirabile promessa: "Beati i morti che spirano nel Signore" (Ap 14,13).
Se i pastori spiegheranno con ampiezza e diligenza quanto siamo rapidamente venuti esponendo intorno al sacramento dell'Estrema Unzione, indubbiamente i fedeli ne ritrarranno singolari frutti di pietà.

I SACRAMENTI         175

8.1              L'ORDINE SACRO


Le prerogative del sacramento dell'Ordine
273 Chi si ponga a considerare l'intima natura degli altri sacramenti, scorge subito che tutti poggiano su quello dell'Ordine, senza il quale non possono essere effettuati e amministrati, oppure rimangono privi di qualche solenne cerimonia o rito sacro. E’ necessario quindi che i parroci, continuando la trattazione dei sacramenti, si arrestino con particolare cura su quello dell'Ordine.
Tale spiegazione gioverà quanto mai a loro stessi, quindi anche agli altri che sono iniziati alla vita ecclesiastica e a tutto il popolo credente: a essi perché, insistendo nella meditazione di questo argomento, sono più intensamente mossi a risuscitare la grazia ricevuta nell'ordinazione; a quelli che sono chiamati al servizio speciale del Signore, sia perché saranno accesi dal medesimo desiderio di grazia, sia perché progrediranno in una cognizione che schiuderà loro la via a più alti gradi di vita spirituale: a tutti i fedeli, perché comprenderanno così di quanto onore siano meritevoli i ministri della Chiesa e non ignoreranno quel che significhi il ministero ecclesiastico a cui tanti bramano destinare i loro figlioli o si sentono spinti a consacrarvisi essi stessi.
Anzitutto si mostri ai fedeli l'altissima nobiltà di questa istituzione, considerandone il grado più elevato: il sacerdozio. I vescovi e i sacerdoti, infatti, sono come interpreti e ambasciatori di Dio, nel cui nome comunicano agli uomini la legge divina e i precetti della vita. Essi ne rappresentano sulla terra la persona. È chiaro che nessuna funzione può concepirsi più insigne della loro, e che, a ragione, sono chiamati non solo angeli, ma persino dei: essi infatti rappresentano fra noi l'efficacia e l'azione di Dio immortale.
Sebbene i sacerdoti abbiano rivestito sempre una dignità somma, quelli del Nuovo Testamento vanno per onore innanzi a tutti gli altri. La potestà a essi conferita di consacrare e di offrire il corpo e il sangue del Signore, e quella di rimettere i peccati oltrepassano, si può dire, l'ambito dell'intelligenza umana. Non c'è nulla di simile sulla terra.
Inoltre, come il nostro Salvatore fu inviato dal Padre e gli Apostoli e i discepoli lo furono, per tutto il mondo, da nostro Signore Gesù Cristo, così ogni giorno i sacerdoti, insigniti della medesima potestà, sono mandati a perfezionare con il ministero la società dei santi e a edificare il corpo mistico di Cristo (Ef 4,12). Non s'imponga dunque con leggerezza a chiunque simile onere, ma soltanto a quelli che possano sostenerlo con santità di vita, con dottrina, con fede e con prudenza. Non se lo arroghi il primo venuto, ma solo chi è chiamato da Dio, come Aronne (Eb 5,4). In pratica sono chiamati da Dio coloro che sono chiamati dai legittimi ministri della Chiesa. A chi s'insinua indebitamente in questo ministero, si devono applicare le parole del Signore: "Io non inviavo profeti ed essi accorrevano" (Ger 23,21). In realtà non vi potrebbero essere individui più infelici, più miserabili, più perniciosi alla Chiesa di Dio.
E poiché in ogni impresa a cui si pone mano importa soprattutto badare al fine che ci si propone (se infatti il fine è retto, tutto ne consegue bene), a coloro che vogliono essere iniziati alla carriera sacra deve dirsi anzitutto che non si prefiggano nulla che sia indegno di così insigne funzione. Tanto più premurosamente deve essere spiegato questo punto, in quanto ai tempi nostri i fedeli sogliono in proposito mancare più gravemente.
Alcuni infatti si incamminano per questo stato per procacciarsi il necessario alla vita.
Al di fuori del guadagno, costoro non vedono altro nel sacerdozio; proprio come coloro che si volgono a qualsiasi genere di sordida speculazione. E’ vero si, secondo la sentenza dell'Apostolo, che la natura e la legge divina vogliono che chi serve all'altare viva dell'altare (1 Cor 9,9), ma ascendere all'altare per lucro costituisce il più grave dei sacrilegi. Altri sono spinti alla vita sacerdotale dall'ambizione e dalla cupidigia degli onori; altri ancora dal miraggio delle ricchezze, come prova il fatto che se non viene conferito loro un pingue beneficio, non pensano affatto all'Ordinazione sacra. Nostro Signore chiama costoro "mercenari" (Gv 10,12) e di essi Ezechiele disse che attendono a pascere se stessi non già le pecore (Ez 34,8). La svergognata bassezza di costoro non solamente getta un'ombra cupa sulla dignità sacerdotale, che finisce con apparire al popolo fedele abbiettissima e sprezzabilissima, ma fa sì che essi stessi ricavino dal sacerdozio solo quello che Giuda ricavò dal suo apostolato: il supplizio eterno.
Entrano veramente per la porta nella Chiesa coloro che, chiamati legittimamente da Dio, assumono gli uffici ecclesiastici con un solo scopo: servire all'onore di Dio. Non che tale scopo non valga per tutti gli uomini. Essi infatti sono stati appunto creati per onorare Dio e lo devono fare con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze, specialmente i fedeli partecipi della grazia battesimale. Chi vuole essere iniziato al sacramento dell'Ordine deve tuttavia proporsi non solo di cercare la gloria di Dio in tutto (dovere codesto comune a tutti e in particolare ai fedeli), ma anche di ottemperare santamente agli oneri del ministero ecclesiastico al quale è addetto.
Come nell'esercito tutti i soldati sottostanno ai comandi del capo supremo, ma fra essi vi sono comandanti, capitani e altri che adempiono vari uffici, così, sebbene tutti i fedeli indistintamente debbano praticare con cura la virtù e la pietà per dare ossequio a Dio, gli iniziati al sacramento dell'Ordine adempiono nella Chiesa particolari mansioni. Essi compiono i sacri riti per sé e per tutto il popolo; proclamano il valore della legge divina; esortano e insegnano ai fedeli a rispettarla con animo pronto; amministrano i sacramenti di nostro Signore Gesù Cristo, con i quali la grazia è distribuita e accresciuta. In una parola, segregati dal popolo, si esercitano nel più alto e mirabile ministero.
Spiegato ciò, i parroci passeranno a sviluppare le proprietà del sacramento, affinché i fedeli bramosi di essere elevati al ceto ecclesiastico, comprendano il genere di ufficio a cui sono chiamati e la potestà divinamente affidata alla Chiesa e ai suoi ministri.

9                    Potestà dell'Ordine

274 Questa potestà è duplice: di "ordine" e di "giurisdizione". La prima si riferisce al corpo reale di nostro Signore Gesù Cristo nella santa Eucaristia. La seconda riguarda esclusivamente il corpo mistico di Gesù Cristo, equivalendo alla facoltà di governare e guidare il popolo cristiano verso l'eterna beatitudine del cielo.
La potestà dell'Ordine però non si esaurisce nella facoltà di consacrare l'Eucaristia, ma vale a preparare e abilitare gli animi degli uomini a riceverla e include tutto ciò che comunque si riferisce al sacramento eucaristico. Si possono ricavare dalla Scrittura molte testimonianze in proposito. Le più nette e categoriche sono quelle di san Giovanni e di san Matteo. Dice il Signore: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno loro rimessi e saranno ritenuti a chi li riterrete" (Gv 20,21ss). "In verità vi dico: quanto legherete sulla terra, sarà legato nel cielo e quanto scioglierete sulla terra, sarà sciolto nel cielo" (Mt 18,18). Questi passi, che i parroci spiegheranno sulle orme autorevoli dei Padri, potranno illuminare esaurientemente la verità.
Simile potestà supera di gran lunga quella che, per legge di natura, spetta sempre a chi amministra le cose sacre. Anche l'epoca che precedette la legge scritta dovette avere un suo sacerdozio e una sua potestà spirituale, dal momento che ebbe una sua legge. Le due cose, secondo la parola dell'Apostolo, sono così strettamente associate, che la soppressione dell'una importa quella dell'altra (Eb 7,12). Poiché l'istinto naturale porta gli uomini a riconoscere che Dio deve essere onorato, ne conseguiva che in ogni collettività ci fossero alcuni preposti all'esercizio del culto, la cui autorità deve dirsi in qualche modo spirituale.
Tale potere non mancò neanche al popolo d'Israele; ma la potestà spirituale dei suoi sacerdoti, sebbene superiore a quella dei sacerdoti secondo la legge naturale, fu di gran lunga inferiore a quella della legge evangelica. Questa è celeste; supera perfino ogni virtù angelica e non trae origine dal sacerdozio mosaico, ma da Gesù Cristo, sacerdote non secondo Aronne, ma secondo l'ordine di Melchisedec. Fornito di tutta la potestà per distribuire la grazia e rimettere i peccati, ne rilasciò il deposito alla Chiesa, circoscrivendone la virtù e vincolandola ai sacramenti.

10                Significato del nome

275 A esercitare simile potestà sono designati speciali ministri, consacrati con rito solenne. Questa consacrazione, appunto, è detta sacramento dell'Ordine o, con altre parole, Ordinazione sacra. I Padri vollero adottare simile denominazione molto generica, per esprimere l'eccellente dignità dei ministri di Dio. L' "ordine", a tutto rigore, è l'armonica disposizione di esseri superiori e inferiori, coordinati e disciplinati fra loro in reciproco rapporto. Opportunamente quindi codesto termine viene applicato a un ministero che conta varie gradazioni e funzioni, tutte razionalmente distribuite e associate.

11                L'Ordine è un vero sacramento

276 II santo Concilio Tridentino provò che la sacra Ordinazione deve essere annoverata fra gli altri sacramenti della Chiesa con l'argomento spesso ripetuto: se il sacramento è un segno di cosa sacra e se quanto viene esternamente operato con tale consacrazione esprime la grazia e la potestà conferite al consacrato, ne segue evidentemente che l'Ordine è un vero e proprio sacramento. Perciò il vescovo, presentando all'ordinando il calice con vino e acqua e la patena con il pane, dice: "Ricevi il potere di offrire il sacrificio". La Chiesa insegnò sempre che con simili parole, mentre viene presentata la materia, è conferita la potestà di consacrare l'Eucaristia ed è impresso nell'anima il carattere, al quale è connessa la grazia necessaria al compimento valido e legittimo del rito. L'Apostolo ha espresso tutto ciò con le parole: "Ti esorto a rinnovare in te la grazia di Dio, a tè conferita mediante l'imposizione delle mie mani. Dio, infatti, non c'infuse lo spirito del terrore, ma quello della virtù, dell'amore e della sobrietà" (2 Tm 1,6.7).
L'amministrazione di così eccelso sacerdozio, per usare le parole del santo Concilio, è cosa divina. Era quindi logico, affinché potesse svolgersi più degnamente e in mezzo alla più profonda venerazione, che nell'ordinata disposizione ecclesiastica vi fossero varie categorie di ministri, destinati a servire al sacerdozio, e così disposti, una volta insigniti della tonsura clericale, ascendessero dai gradi minori ai maggiori.
I pastori mostreranno come, secondo la perenne tradizione della Chiesa cattolica, questi ordini sono compresi in un ciclo settenario e hanno questi nomi: ostiario, lettore, esorcista, accolito, suddiacono, diacono, sacerdote. La ragionevolezza di questo numero può essere mostrata dall'indicazione delle singole attribuzioni, necessarie per il compimento e l'amministrazione del santo sacrificio della Messa e dell'Eucaristia, in vista delle quali esse furono appunto istituite.
Di questi ordini alcuni son detti "maggiori", o anche "sacri" altri "minori". I maggiori o sacri sono: l'ordine sacerdotale, il diaconato e il suddiaconato. Nella categoria dei minori rientrano gli accoliti, gli esorcisti, i lettori, gli ostiari. Dobbiamo dire qualcosa sui singoli, affinché i parroci sappiano come istruire coloro che fossero destinati all'uno o all'altro di essi.

12                Preparazione agli ordini: la "tonsura"

277 Si deve cominciare dalla prima "tonsura", che è una preparazione a ricevere gli ordini. Come gli uomini sogliono essere preparati al Battesimo con gli esorcismi e al Matrimonio con gli sponsali, così, quando sono dedicati a Dio con il taglio dei capelli, vedono aperto dinanzi a sé l'adito al sacramento dell'Ordine. Il rito mostra come debba essere chi vuoi votarsi al ministero sacro.
Il nome di "chierico", che viene allora imposto, è ricavato dal fatto che il tonsurato comincia ad avere Dio per sua eredità e suo retaggio, come coloro che in mezzo al popolo Ebreo erano legati al culto divino. Il Signore aveva vietato che nella terra promessa venisse loro assegnata una parte di terreno, dicendo: "Io sono la tua parte e la tua eredità" (Nm 18,20). Che se Dio è eredità di tutti i fedeli, è necessario che lo sia in modo speciale per coloro che si consacrano al ministero divino.
I capelli vengono tagliati in forma di corona, che si dovrà poi sempre conservare; mano a mano che il chierico sale ai gradi superiori, se ne amplierà la circonferenza. La Chiesa insegna che tale uso risale agli Apostoli, poiché ne parlano antichissimi e autorevolissimi Padri, quali Dionigi l'Areopagita, Agostino, Girolamo. Essi narrano anzitutto che il principe degli Apostoli introdusse quell'uso, per ricordare la corona di spine posta sul capo del nostro Salvatore. Così quel che gli empi avevano progettato a vergogna e martirio di Gesù Cristo, venne praticato dagli Apostoli a suo onore e gloria, esprimendo anche il dovere dei ministri della Chiesa di riprodurre in tutto l'immagine e l'esempio di nostro Signore Gesù Cristo.
Non mancano però quelli che scorgono in questo segno esteriore simboleggiata la dignità regale, spettante in particolare a coloro che sono chiamati al servizio del Signore. Cosicché il riconoscimento pronunziato dall'Apostolo Pietro sul popolo fedele: "Voi stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa" (1 Pt 2,9), spetta evidentemente con singolare proprietà ai ministri della Chiesa. Altri infine ritengono che la figura circolare, la più perfetta di tutte, simboleggi la professione di vita più perfetta assunta dai chierici, oppure che il taglio dei capelli, quale superfluità del corpo umano, esprima il dispregio del mondo e la liberazione dell'anima dalle cure terrene.

13                L'ostiario

278 Dopo la prima tonsura il primo gradino è, secondo la consuetudine, l'ordine dell'ostiario. Suo ufficio era di custodire le chiavi e la porta del tempio, allontanandone coloro ai quali era vietato di entrare. Assisteva anche al santo sacrificio della Messa, badando che nessuno si avvicinasse più del lecito all'altare e disturbasse il sacerdote intento al sacro rito. Anche altre religiose incombenze erano a lui affidate, come può ricavarsi dalle cerimonie della sua consacrazione. Il vescovo, infatti, consegnandogli le chiavi prese dall'altare, dice al candidato all'ostiariato: "Comportati in modo da poter rendere a Dio ragione di ciò che è chiuso con queste chiavi". Se pensiamo a quello che nei tempi antichi soleva essere conservato nella chiesa, intendiamo subito quanto grande fosse allora la dignità di quest'ordine. L'ufficio di tesoriere, identico a quello di custode della sacrestia, spettante agli ostiari, è annoverato anche oggi fra le più onorifiche funzioni ecclesiastiche.

14                Il lettorato

279 II secondo grado dell'ordine è costituito dall'ufficio di lettore. A questi spetta leggere a voce alta nel tempio i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, specialmente quelli la cui lettura è intercalata alle salmodie notturne. Tra le sue mansioni c'era anche quella di impartire ai fedeli i primi rudimenti della religione cristiana. Per questo il vescovo, alla presenza del popolo, consegnando all'ordinando il libro delle lezioni, gli dice: "Prendi e sii l'annunciatore della parola di Dio. Se avrai adempiuto fedelmente e proficuamente il tuo ufficio, sarai tra coloro che annunciarono efficacemente fin dagli inizi la parola del Signore".

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16                L'esorcistato

280 II terzo è dato dall'ordine degli esorcisti, ai quali è affidato il mandato di invocare il nome di Dio su coloro che sono posseduti da spiriti immondi. Per questo il vescovo, ordinandoli, presenta un libro contenente le formule di esorcismo e dice: "Prendi, impara a memoria e ricevi la potestà di imporre le mani sugli energumeni, tanto battezzati che catecumeni".

17                L'accolitato

281 II quarto e ultimo grado fra i "minori", che non si chiamano "sacri", è l’accolitato. Gli accoliti devono assistere e coadiuvare i ministri maggiori, suddiaconi e diaconi, nel ministero dell'altare. Inoltre portano e custodiscono i lumi durante la celebrazione solenne della Messa, specialmente alla lettura del Vangelo. Per questo son detti anche "ceroferari". Il rito dell'ordinazione, compiuto dal vescovo, si svolge così: dopo l'ammonizione solenne sulla loro funzione, il vescovo fa toccare a ciascuno un candeliere, dicendo: "Prendi il candeliere con il cero e sappi che sei impegnato ad accendere i lumi della chiesa, nel nome del Signore". Quindi consegna le ampolline vuote, con cui vengono forniti l'acqua e il vino per il sacrificio, e dice: "Prendi le ampolline destinate a dare il vino e l'acqua per l'Eucaristia del sangue di Cristo nel nome del Signore".

Il suddiaconato
282 Dagli ordini minori e non sacri, di cui abbiamo detto fin qui, si passa ordinatamente ai maggiori e sacri. Al primo posto sta il suddiaconato. Come il nome stesso indica, chi ne è investito deve servire il diacono all'altare; deve cioè preparare le sacre tovaglie, i vasi, il pane e il vino, necessari allo svolgimento del sacrificio; versa anche l'acqua quando il vescovo e il sacerdote, durante la Messa, si lavano le mani. Il suddiacono inoltre legge l'Epistola che, una volta, era recitata dal diacono nella Messa e, in qualità di testimone, assiste al sacro rito impedendo che il celebrante sia disturbato da qualcuno.
Il compito del ministero suddiaconale è bene adombrato nelle cerimonie solenni che accompagnano la rispettiva consacrazione. Anzitutto il vescovo ricorda che, a questo ordine, è connessa la legge della perpetua castità e ammonisce che nessuno può essere introdotto nell'ordine suddiaconale se non promette di uniformarsi a essa. Dopo la solenne preghiera delle Litanie, enumera e commenta le mansioni e gli obblighi del suddiacono. Dopo ciò i singoli ordinandi ricevono dal vescovo il calice e la sacra patena e affinché comprendano come il suddiacono deve cooperare all'ufficio diaconale, ricevono dall'arcidiacono le ampolline piene di acqua e di vino, insieme al bacile e al tovagliolo con cui si asciugano le mani, mentre il vescovo pronuncia la formula: "Guardate quale ministero vi viene affidato e perciò vi ammonisco di comportarvi in modo da piacere a Dio". Seguono altre preci. Infine, dopo aver ricoperto il suddiacono con i sacri paramenti, per ciascuno dei quali sono prescritte speciali formule e cerimonie, il vescovo gli offre il libro delle Epistole, dicendo: "Prendi il volume delle Epistole e ricevi la facoltà di leggerle nella santa Chiesa di Dio, per i vivi e per i defunti".

18                Il diaconato

283 Al secondo grado dei sacri ordini sta il diaconato, il cui ministero è più ampio ed è stato sempre ritenuto più santo.
Al diacono spetta seguire sempre il vescovo, assisterlo mentre predica, stare vicino a lui e al sacerdote, quando celebrano o amministrano altri sacramenti; infine leggere il Vangelo nel sacrificio della Messa. Una volta esortava i fedeli a partecipare più spesso alle sacre funzioni e distribuiva anche il sangue del Signore, là dove vigeva la consuetudine che i fedeli ricevessero l'Eucaristia sotto le due specie. Al diacono era inoltre affidata la distribuzione dei beni ecclesiastici, in modo che a nessuno mancasse il necessario sostentamento. Il diacono in più, quasi occhio del vescovo, deve indagare chi in città viva religiosamente e chi no; chi assista quando è prescritto al sacrificio e alla predica e chi manchi, informandone il vescovo perché questi possa privatamente ammonire i colpevoli, o pubblicamente riprenderli, secondo quanto riterrà più giovevole.
Deve anche fare l'appello dei catecumeni e presentare al vescovo coloro che devono essere elevati al sacramento dell'Ordine. In assenza del vescovo e del sacerdote, può anche spiegare il Vangelo, non però dall'ambone, perché si capisca che quella non è sua normale mansione.
L'Apostolo pone in luce la diligenza con cui deve precludersi agli indegni l'accesso a quest'ordine, quando espone a Timoteo i costumi, le virtù e l'integrità del diacono (1 Tm 3,7ss). Allo stesso fine mirano i riti e le solenni cerimonie con cui il vescovo lo consacra: preghiere più numerose e più fervide di quelle adoperate nell'ordinazione del suddiacono e imposizione di altri sacri paramenti. In più gli impone le mani, come leggiamo fatto dagli Apostoli quando istituirono i primi diaconi (At 6,6). Infine gli consegna il libro dei Vangeli con le parole: "Ricevi la facoltà di leggere il Vangelo nella Chiesa di Dio, così per i vivi come per i defunti, nel nome del Signore".

Il sacerdozio: interiore (o universale) ed esteriore (o ministeriale)
284 II terzo e supremo grado dei sacri ordini è rappresentato dal sacerdozio. Coloro che ne sono rivestiti, sogliono ricevere due nomi dai Padri antichi: talora quello di "presbiteri", che in greco vuole dire "anziani", non solo per la maturità degli anni, necessarissima a quest'ordine, ma molto più per la gravità, erudizione e prudenza indispensabili, essendo scritto che la maturità veneranda non va calcolata in base al numero degli anni, perché la canizie è data dalla serietà e dalla vita immacolata (Sap 4,8); altre volte son detti "sacerdoti", sia perché consacrati a Dio, sia perché hanno l'incarico di amministrare i sacramenti e di trattare le cose divine.
Secondo le indicazioni della Sacra Scrittura, occorre distinguere un duplice sacerdozio: uno "interiore" e uno "esteriore" affinché i pastori possano indicare di quale ora si parli.
Il sacerdozio interiore compete a tutti i fedeli non appena siano stati battezzati, ma specialmente ai giusti che posseggono lo spirito di Dio e son divenuti, in virtù della grazia divina, vive membra di Gesù Cristo, sommo sacerdote. Essi infatti, per la fede animata dalla carità, sull'altare del loro spirito immolano a Dio vittime spirituali, che sono tutte le buone e oneste azioni indirizzate alla gloria di Dio. Leggiamo perciò nell’Apocalisse: "Cristo ci mondò dalle nostre colpe nel suo sangue, ci fece regno e sacerdoti di Dio suo Padre" (Ap 1,5). Analogamente è stato scritto dal principe degli Apostoli: "Come pietre vive siete posti l'uno sull'altro, quale casa spirituale, sacerdozio santo che offre vittime spirituali, a Dio accette per i meriti di Gesù Cristo" (1 Pt 2,5). Parimenti l'Apostolo ci esorta a offrire i nostri corpi in olocausto vivo, santo, gradito a Dio, come culto nostro razionale (Rm 12,1). Infine, molto tempo innanzi, David aveva detto: "E un sacrificio agli occhi di Dio un'anima addolorata; tu, o Dio, non disprezzerai un cuore contrito e umiliato" (Sal 50,19). Tutto ciò evidentemente va applicato al sacerdozio interiore.
Il sacerdozio esteriore invece non compete alla moltitudine dei fedeli, ma ad alcuni individui in particolare che, consacrati con la legittima imposizione delle mani e con solenni cerimonie ecclesiastiche, sono destinati a un sacro e speciale ministero.
La distinzione dei due sacerdozi può cogliersi anche nell'antica legge. Abbiamo visto come David parli di quello interiore. Tutti sanno invece quanti precetti abbia imposto a Mosè e ad Aronne il Signore, per quello esteriore. Egli inoltre destinava tutta la tribù Levitica al ministero del tempio, proibendo tassativamente che un altro di diversa tribù osasse introdursi in tale funzione (Nm 3,10). Perciò il re Ozia, avendo usurpato la mansione sacerdotale, fu colpito dal Signore con la lebbra e subì così l'espiazione gravissima del suo arrogante sacrilegio (2 Cr 26,19).
E poiché possiamo segnalare la medesima distinzione del sacerdozio nella legge evangelica, ai fedeli dovrà dirsi che noi trattiamo qui del sacerdozio esteriore, affidato a determinati individui: solo a questo si riferisce di proposito il sacramento dell'Ordine.
Ecco gli obblighi del sacerdote: offrire a Dio l'incruento sacrificio e amministrare i sacramenti della Chiesa. Così risulta dai riti della consacrazione. Quando il vescovo consacra un sacerdote novello, anzitutto, insieme ai sacerdoti presenti, gli impone le mani; quindi imponendogli sulle spalle la stola, gliela aggiusta sul petto a forma di croce. Questo gesto esprime il fatto che il sacerdote riceve dall'alto una forza per portare la croce di nostro Signore e il soave giogo della legge divina che egli dovrà far conoscere, non solamente con la parola, ma anche con l'esempio di una vita santamente vissuta. Quindi ne unge le mani con l'olio sacro e gli fa toccare il calice con il vino e la patena con l'ostia, mentre dice: "Ricevi la facoltà di offrire il sacrificio a Dio e di celebrare la Messa tanto per i vivi quanto per i defunti". Con simili riti e formule il sacerdote viene costituito interprete e mediatore tra Dio e gli uomini: questa è la sua funzione principale. In ultimo, imponendo di nuovo le mani sul suo capo, il vescovo dice: "Ricevi lo Spirito Santo: a chi avrai rimesso i peccati, saranno rimessi; a chi li avrai ritenuti sono ritenuti". Così gli conferisce quella celeste facoltà di ritenere e rimettere i peccati, che il Signore diede ai suoi discepoli.

19                Gradi della potestà sacerdotale

285 Queste sono le attribuzioni proprie e principali dell'ordine sacerdotale che, sebbene sia unico, ha molti gradi di dignità e di autorità.
Il primo è quello dei semplici sacerdoti, delle cui mansioni abbiamo parlato fin qui.
Il secondo è quello dei vescovi, preposti alle singole diocesi, affinché governino non solamente gli altri ministri della Chiesa, ma anche il popolo dei fedeli, vigilando con somma cura alla loro salvezza. Per questo sono chiamati spesso nella Scrittura: "pastori delle pecore". Il loro ufficio fu descritto da san Paolo nel discorso che tenne agli Efesini e riferito dagli Atti (20,28). Anche san Pietro, principe degli Apostoli, formulò una certa regola divina del ministero episcopale (1 Pt 5,2). Se i vescovi cercheranno di conformarvisi, saranno senza dubbi, e appariranno, ottimi pastori. Essi sono chiamati anche "pontefici", secondo l'uso dei pagani, che chiamavano così i capi dei sacerdoti.
Il terzo grado comprende gli arcivescovi, dai quali dipendono parecchi vescovi. Sono chiamati anche "metropoliti, perché sono i presuli di città considerate madri delle altre in una determinata provincia. Spettano a essi, di diritto, onore e potere superiori a quelli dei vescovi, ma, per quanto riguarda l'ordinazione, non ne differiscono.
Al quarto grado appartengono i patriarchi, i primi cioè e supremi Padri. Una volta, in tutta la Chiesa, al di fuori del Sommo Pontefice romano si contavano soltanto quattro patriarchi e non tutti di pari dignità. Quello di Costantinopoli, sebbene avesse conseguito codesto titolo dopo gli altri, pure fu a essi anteposto per la maestà dell'impero. Veniva poi quello di Alessandria, chiesa fondata per comando dell'Apostolo Pietro dall'Evangelista Marco, quindi quello di Antiochia, prima sede del principe degli Apostoli, infine il Gerosolimitano, la cui sede fu tenuta da Giacomo, fratello del Signore.
Al disopra di tutti, la Chiesa cattolica ha sempre venerato il Sommo Pontefice romano che, nel Concilio Efesino, Cirillo di Alessandria chiamava "padre e patriarca di tutta la terra". Sedendo egli sulla cattedra che Pietro, principe degli Apostoli, occupò fino al termine dei suoi giorni, riveste il più alto grado di dignità e il più vasto ambito di giurisdizione, non in virtù di costituzioni sinodali o di decreti umani, ma di una investitura divina. Per essa è padre di tutti i fedeli e di tutti i vescovi e presuli, qualunque sia la funzione e il potere di cui sono rivestiti; quale successore di Pietro, autentico e legittimo vicario di nostro Signore Gesù Cristo, presiede alla Chiesa universale.

20                Il ministro dell'Ordine

286 Così i parroci mostreranno quali siano le principali mansioni degli ordini e dei gradi ecclesiastici e chi sia il ministro di questo sacramento. Tale amministrazione spetta al vescovo, come è facile dimostrare mediante l'autorità della Scrittura, la tradizione certissima, la testimonianza concorde dei Padri, i decreti conciliari e la consuetudine ecclesiastica. Sebbene ad alcuni abati sia stato concesso in determinati casi di conferire gli ordini minori, esclusi i sacri, tuttavia nessuno dubita essere tale amministrazione un ufficio riservato al vescovo. Egli solo, a esclusione di tutti gli altri, può ordinare suddiaconi, diaconi e sacerdoti; mentre i vescovi, in base a una tradizione apostolica perennemente custodita nella Chiesa, sono consacrati da tre vescovi.

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22                Soggetto dell'Ordine

287 Passiamo ora a spiegare chi sia atto a ricevere questo sacramento, in particolare l'ordine sacerdotale, e quali doti debba possedere. Quando lo avremo indicato per il sacerdozio, non sarà difficile fissare le regole per gli altri ordini, secondo l'ufficio e la dignità di ciascuno. Che a proposito di questo sacramento si debba usare la massima cautela, appare dal fatto che mentre gli altri sacramenti infondono la grazia per la santificazione e il vantaggio di chi li riceve, gli ordinati invece partecipano alla grazia celeste, perché attraverso il loro ministero si provveda alla salute della Chiesa e quindi di tutti gli uomini. Perciò le ordinazioni si compiono solamente in determinati giorni nei quali, secondo l'antichissimo uso della Chiesa cattolica, sono imposti solenni digiuni, affinché il popolo fedele invochi da Dio, con umili preci, ministri tali che siano atti a esercitare, con probità e con vantaggio della Chiesa, il loro sublime ministero.
Il candidato al sacerdozio deve anzitutto essere raccomandato da una vita specchiata e da costumi integri. Chi si accosti all'iniziazione con l'animo consapevolmente macchiato di colpa mortale, cade in un'altra e più grave scelleratezza. Inoltre non deve il sacerdote far risplendere dinanzi agli altri la lampada della virtù e dell'innocenza? I pastori ricorderanno quel che l'Apostolo raccomanda a Tifo e a Timoteo in proposito e mostreranno come quei difetti corporali che nel Vecchio Testamento, in virtù della prescrizione divina, allontanavano dall'altare, nel nuovo patto vanno interpretati in senso spirituale. Va perciò rispettata la santa consuetudine ecclesiastica, per cui gli ordinandi devono prima purificarsi con una diligente confessione.
Non basta nel sacerdote la cognizione di quanto è connesso all'uso e all'applicazione dei sacramenti: egli deve essere anche colto nelle scienze sacre, per poter insegnare al popolo cristiano i misteri della fede e i precetti della divina legge, incitare i fedeli alla virtù e alla devozione, allontanarli dal male. Il sacerdote infatti ha due uffici: consacrare e amministrare secondo le regole i sacramenti e istruire il popolo affidategli sulle vie e i mezzi della salvezza eterna. Dice Malachia: "Le labbra del sacerdote custodiranno la scienza e tutti apprenderanno dalla sua bocca la Legge: egli è l'angelo del Signore degli eserciti" (Ml 2,7). Al primo può ottemperare anche se fornito di cognizioni mediocri, ma il secondo esige indubbiamente una scienza non comune, anzi raffinata. Non tutti i sacerdoti però devono essere forniti di specialissima erudizione: basta che questa sia proporzionata alle esigenze e ai doveri dell'ufficio cui sono chiamati.
Non si impartisca questo sacramento ai fanciulli e ai pazzi privi dell'uso di ragione, per quanto si debba ritenere che, se è loro amministrato, imprime nelle loro anime il carattere sacramentale. I decreti del sacro Concilio di Trento hanno stabilito l'età per i singoli ordini. Sono esclusi anche gli schiavi, non potendo essere dedicato al culto divino chi non è padrone di sé, ma è costituito in altrui potere. Sono esclusi poi i sanguinari e gli omicidi, che per legge ecclesiastica sono irregolari; infine i bastardi e tutti coloro. che non son nati da nozze legittime, poiché è bene che quanti si dedicano alle funzioni sacre nulla offrano in sé che, a ragione, possa essere esposto all'altrui dileggio e disprezzo. Infine non devono essere promossi agli ordini i deformi per qualche grave vizio corporale e gli storpi. La deformità ha qualcosa di ripugnante e questa menomazione può ostacolare l'amministrazione dei sacramenti.

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24                Effetti dell'Ordine

288 Rimane poi solo che i pastori spieghino gli effetti di questo sacramento.
Come abbiamo detto, il sacramento dell'Ordine mira principalmente al vantaggio e al decoro della Chiesa; tuttavia dona la grazia della santificazione anche all'anima dell'ordinato, in virtù della quale sarà idoneo a esercitare rettamente il suo ufficio e ad amministrare i sacramenti, come la grazia del Battesimo abilita a ricevere gli altri sacramenti.
In secondo luogo conferisce la grazia di una speciale potestà in relazione al sacramento della santissima Eucaristia: piena, nel sacerdote che, solo, può consacrare il corpo e il sangue di nostro Signore; maggiore o minore nei ministri degli ordini inferiori, secondo che il ministero di ciascuno si avvicina più o meno al sacramento dell'altare.
Questa seconda grazia è detta "carattere spirituale" perché gli iniziati si distinguono dagli altri fedeli per una nota interiore, impressa nello spirito, che li vincola al culto divino. Sembra avervi alluso l'Apostolo, quando scriveva a Timoteo: "Non trascurare la grazia infusa in te per una rivelazione profetica, mediante l'imposizione delle mani del presbiterio" (1 Tm 4,14). E altrove: "Ti esorto a risuscitare la grazia di Dio, che ti è stata data con l'imposizione delle mie mani" (2 Tm 1,6).
Questo può bastare per il sacramento dell'Ordine. Noi ci eravamo soltanto proposti di indicare ai pastori i principali capi di dottrina, affinché avessero a loro disposizione i temi su cui istruire cristianamente il popolo fedele.

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